giovedì 8 dicembre 2011

Il preside precario

Viviamo in un'epoca in cui le esigenze della economia e quelle della politica confliggono fortemente, solo per usare un gentile eufemismo. La manovra del governo tecnico è inefficace oltre che vessatoria. Invece il comportamento della politica italiana è vergognosamente scandaloso. La resa delle classi dirigenti ai diktat dei poteri forti è palpabile  e ormai anche la gente comune comincia a capire.
La manovra è concepita in modo tale da rassicurare mercati finanziari e l'asse franco-tedesco, e corrisponde a quanto per il momento si richiede. E' ovvio che ciò non basterà a rifocillare gli appetiti superlativi delle classi parassitarie che decidono la sorte dei lavoratori.Si può soltanto prenderne atto, per il punto a cui sono arrivate le cose. Insieme bisogna prendere atto che siamo un paese politicamente, civilmente e istituzionalmente minore. La nostra storia già parla per noi, ma l’attualità impone una tragica presa d’atto del fatto compiuto. La politica - da almeno 150 anni - è al servizio della economia. In altre parole, ciò che sarebbe economicamente utile risulta oggi anche politicamente impraticabile.  Il decreto Monti non è utile  a fronteggiare l'emergenza come ci viene spiegato e ripetuto dagli "hous organs" del Mainstream.  Questa manovra è di per sè insufficiente a saldare il conto salato in interessi che il governo attualmente ha contratto con le Banche di emissione, ragion per cui ci aspettano altre manovre aggiuntive e/o correttive. Essa, conferisce al governo non l'autorevolezza  come ci viene spiegato, ma il  beneplacito necessario per trattare  con gli omologhi partner europei. Per questo i principali partiti, volens nolens, si vedono obbligati a sostenerlo. Anche i sindacati devono, obtorto collo, mandare giù il rospo. Altrimenti vedranno il loro potere - già ridimensionato dalle spinte economiciste - a ridursi ulteriormente. 

Le oligarchie del potere ( quello vero) non stanno solo alla finestra a guardare. Costoro sanno che il momento favorevole non è destinato a durare. Già prima che si indicano nuove elezioni, le esigenze della politica ritorneranno a a calcare la scena. E, in quel preciso frangente, il governo del Preside comincerà a navigare a vista, temendo  semmpre una tempesta in arriv. È questa circostanza, purtroppo, a rendere non del tutto plausibile la «politica dei due tempi» che l'esecutivo si è visto costretto ad adottare.

Il decreto, oltre a un sensibile accrescimento (che ha di per sé effetti depressivi) della pressione fiscale sul ceto medio, contiene una seria riforma delle pensioni e qualche buona misura a favore delle imprese. Ma il grosso degli interventi pro crescita è rinviato a un secondo tempo. Sono rinviate quasi del tutto le liberalizzazioni. E non si parla per ora di privatizzazioni. È rinviata la riforma della disciplina del lavoro. Sono rinviati gli interventi più incisivi sui costi della politica. Mancano infine provvedimenti volti a colpire la palla al piede rappresentata dalla inefficienza della macchina amministrativa.

Il governo Monti ha dovuto agire in fretta e, sicuramente, avevale sue buone ragioni per farlo. Un'ulteriore dilatamento avrebbe indotto il Presidente Napoletano ad un cambio della guardia; per cui  tale scelta, per quanto necessitata, porta con sé due inconvenienti. Il primo riguarda il segno e la qualità del decreto Monti. Se le misure rinviate fossero state presenti nel decreto ciò avrebbe sicuramente ridotto il disagio dovuto all'accrescimento della pressione fiscale. Gli effetti depressivi sarebbero stati ampiamente compensati dalla generalizzata constatazione di una radicale svolta, di un irreversibile cambiamento. Finalmente, sarebbe stato a tutti chiaro che si stavano predisponendo le condizioni necessarie per fare riprendere al Paese il cammino dello sviluppo.

Il secondo e più grave inconveniente consiste nel fatto che in Italia la politica dei due tempi, come sappiamo per lunga esperienza, è quasi sempre destinata all'insuccesso. Il governo Monti è figlio di circostanze eccezionali. E sono le circostanze eccezionali ad averne decretato la impopolarità fra chi . Ma, come lo stesso Monti ha osservato, la popolarità del governo è destinata comunque a ridursi a causa della amara medicina che esso ci dovrà somministrare.

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