domenica 21 aprile 2013

Nihil sub sole novi



Dopo aver assistito all'ennesima sceneggiata napoletana, non poteva mancare l'intervento finale a sorpresa del "Principe", ossia del "Guappo Napolitano", il salvatore della patria . La tenzon (s) cortese tra i partiti di regime, gli sgambetti e i voltafaccia tra destri, centrini democratici e sinistri ecologisti non ha portato nulla di buono e soprattutto di nuovo. Presi com'erano a caldeggiare il loro beniamino, non sono riusciti a fermare l'ago della bilancia su un nome nuovo veramente super partes e hanno dovuto ripiegare obtorto collo sul vecchio e collaudato Giorgio Napolitano.
I giornalisti pagati alla bisogna, attraverso dirette televisive interminabili e salotti riempiti dalla consueta claque accondiscendente, hanno celebrato "Re Giorgio" al secondo mandato quirinalizio. Nemmeno gli yankees arrivano a tanto, dato che ogni mandato alla Casa Bianca dura praticamente quattro anni. Quattordici anni, invece, sono troppi persino per uno assai longevo come Napolitano.
Praticamente, la riconferma di Napolitano significa una cosa sola:  aprire a Silvio Berlusconi.  Gongola Giuliano Ferrara e tutto l'entourage de "il Foglio",  tanto che, al riguardo, è stato scritto, in tempi non sospetti,  un caloroso Pamphelet sul presidente Napolitano, a firma di Sergio Soave.

L'ipotesi di  un possibile «governissimo», era già stata caldeggiata attraverso  la candidatura del "lupo marsicano", Franco Marini, subito "impallinato" dal cosiddetto fuoco amico.  Questa proposta, rifiutata sdegnosamente da molti sinceri democratici, in primis dal Sindaco Matteo Renzi, rientra nuovamente in scena al sesto scrutinio, sotto mentite spoglie,  dopo che la quinta votazione era andata ancora a vuoto. Prima  ancora c'era stato l'assassinio politico di "Mr Mortadella" made in Goldman Sachs, Romano Prodi. La proposta, come di consueto,  è venuta dal PD, ma  è stata subito condivisa da Pdl, Scelta Civica e Lega Nord.   Alla fine i voti scrutinati per Napolitano sono stati 738, di gran lunga sopra la soglia auspicabile dei 504 indispensabili per l'elezione. Il candidato dei grillini, Stefano Rodotà, dopo aver ottenuto il beneplacito di "SEL" (insieme 208 voti), arriva a quota 217. Un buon risultato che però nulla può contro la convergenza di PD e PDL e Scelta civica.  Questa la cronaca del voto. Nulla di nuovo, dunque.

Del resto, storicamente, dietro ogni candidato alla Presidenza della Repubblica italiana, c’è sempre stata la presenza assai ingombrante dello Zio Sam. L’endorsement a stelle e strisce è  sicuramente un dettaglio nient'affatto trascurabile non solo nel quadro politico generale ma anche per essere indicati come  i più adatti ad accomodarsi sulla poltrona presidenziale.
Chi si appresta a salire sul Colle deve aver prima attraversato l'oceano Atlantico. Chi non ha navigato bene nel mare occidentale, è destinato al sicuro  fallimento. Questo è poco ma sicuro.
Per questo preciso motivo tutti i candidati al soglio quirinalizio fanno a gara per apparire affidabili all'occhio d'oltreoceano.
Questo è quello che in linguaggio anglosassone viene chiamato un  "must". Dalla fine del secondo conflitto mondiale, infatti, l'italia è un Paese a sovranità limitata. Da quando, poi, siamo entrati nell'area euro, abbiamo perso anche quel poco di sovranità che la Lira e, soprattutto, i matrimonio tra Banca d'Italia e Ministero del Tesoro,  ci avevano concesso. Oggi il "Bel Paese " non è più nazione libera ed autodeterminata ed è continuamente esposta a tutte le bufere finanziarie. 
Da quando la nostra infima classe politico-dirigente si è calata le braghe di fronte ai poteri forti internazionali, è quasi impossibile pensare a parole come autodeterminazione e sovranità. Sono invece  sempre praticabili le "grazie" interessate come quella concessa ultimamente da Napolitano al colonnello Joseph Romano, già condannato dalla Corte d’Appello di Milano in relazione al caso Abu Omar. Siamo troppo accondiscententi, anche quando non ve ne sarebbe assoluto bisogno. La guerra fredda è finita da tempo e, ciò nonostante, rimaniamo ancorati ad un modus operandi logoro e stantio, quasi che il "servire" fosse qualcosa di veramente piacevole e non dettato dalle ferree regole della realpolitik.
Lo Zio Sam non deve temere più l'orso Russo e, inoltre, sullo scenario internazionale, non si vedono altri competitors geopolitici, ragion per cui non si capisce tutto questo servile ossequio se non considerando tutto quello che è in gioco nell'area euro.

Venendo agli uomini indicati dai partiti, per questo giro di boa,  non si può certo affermare che gli altri contendenti, non avessero le "decorazioni indicate" dal "protocollo atlantico". Vediamoli uno per uno.

Franco Marini,  sindacalista di vecchio corso, nonchè segretario protempore del Ppi. Come ben ha documentato la rivista settimanale dell'Ing. DE BENEDETTI,  negli anni ’70,  lo Zio Sam gli affida il gravoso compito  di ostacolare la ri-unione  della Trimurti sindacale, in concomitanza con la crescita elettorale del PCI, che destava più d'una preoccupazione alla Casa Bianca di Washington D.C.. La Cisl, sigla sindacale di estrazione cattolica, poteva essere inglobata nella meglio organizzata e rivendicativa CGIL. Nel 1974 Franco Marini si reca negli States dove riceve, probabilmente, aiuti economici tramite l’Afl-Cio, oltre ad indicazioni e consigli. La fusione salterà, la Cisl si ricompatterà e Marini avrà partita facile all'interno del sindacato cattolico. 

Romano Prodi, non è da meno rispetto  al precedente concorrente e può vantare ottime credenziali filo atlantiche, soprattutto in campo finanziario. Il "professore" ha rivestito la carica di Senior Advisor all'interno della  Goldman Sachs, la più potente merchant bank statunitense; è altresì membro dell’Aspen Institute, think tank che si occupa formalmente di analisi delle politiche pubbliche ma che, in effetti,  fa da tramite alle idee ed ai progetti americani nel globo, secondo vie traverse non sempre trasparenti. Inoltre, in qualità di Presidente dell’Iri, il professore ciclista, ha dato una grossa mano alla svendita scriteriata di alcune  imponenti aziende di stato, finite nelle mani di italiani legati alla finanza atlantica. Nel 1998, durante il governo da lui presieduto, portò l'Italia nel gruppo di testa dei paesi aderenti alla moneta-debito, tristemente nota come EURO. Nel marzo dell'anno successivoil Consiglio europeo designò Romano Prodi, Presidente della Commissione Europea a Bruxelles. Durante i cinque anni della sua presidenza, la commissione europea si è resa protagonista  di due scelte storiche:


  1. l'introduzione coatta della moneta unica;
  2. l'allargamento dell'unione ad altri 25 paesi.
E, last but not least. è stato spesso gradito ospite presso il Bilderberg Group, il club degli illuminati della finanza e dell’industria mondiale, sul quale si dicono cose poco rassicuranti... anzi... inquietanti.

L'unico candidato che, in un certo senso, poteva squadernare un curriculum alquanto diverso  era quello proposto dal Movimento cinque stelle, Stefano Rodotà. E forse proprio  per questo motivo è stato bocciato dai veti incrociati di Pd e Pdl con l'appoggio interessato di Mario Monti, naturalmente.
©  ♚Pierre