mercoledì 16 maggio 2012

Il peccato originale: la moneta-debito

Uno spauracchio chiamato “spread”


Un'altra giornata di "passione" per l'economia mondiale: il differenziale Btp-Bund sale alle stelle e i titoli bancari sprofondano nell'abisso. I giornali economici più accreditati parlano di "spreadite acuta", come se si trattasse di un banale mal di stagione, per cui anche un'aspirina va bene. In realtà, sarebbe più giusto scrivere di "spreadite cronica", visto che il differenziale del tasso di rendimento fra i nostri titoli decennali e gli omologhi teutonici è schizzato a quota 485 punti, in netto rialzo rispetto ai valori precedenti. La famigerata quota "500", quella che aveva conosciuto il precedente governo Berlusconi (motivo ufficioso delle sue dimissioni), all'inizio di novembre 2011, non è poi così tanto lontana. Anzi è a portata di mano. L'avvicinarsi alla quota 500 mette paura ai nostri governanti, tanto che la cessione degli attivi patrimoniali per l'abbattimento del debito pubblico diventa sempre più una realtà. I mercati internazionali continuano a mostrare estrema diffidenza verso il nostro Paese. Intanto il Presidente del Consiglio chiede chiarezza al governatore della Sicilia, Lombardo, per l'ipotesi di default della regione Sicilia. Il vice presidente Massimo Russo inveisce contro il governo ritenendo ingiustificata ed eccessiva l'ipotesi del crack finanziario. Lo stato italiano ha pagato, tra gennaio e marzo dello scorso anno, circa 16 miliardi di interessi! Successivamente, il Governo Monti, attraverso il decreto "salva-Italia", ha approntato una vera e propria manovra "lacrime e sangue", impoverendo la stragrande maggioranza della popolazione. A farne le spese, oltre i giovani, i lavoratori ed i pensionati, è stata soprattutto la classe media produttrice, che ha registrato un calo di reddito pauroso, facendola (in molti casi) retrocedere allo stato di indigenza. Non si contano anche nel Bel Paese, i casi di suicidio e di strozzinaggio, di piccoli e medi imprenditori che di fronte alle scadenze di pagamento e alla serrata creditizia non hanno avuto altra scelta che quella esecrabile del suicidio. Cade, dunque, la foglia di fico che in tutto questo tempo aveva "coperto" le opposizioni, fornendo loro uno stupendo alibi sull'origine febbrile dello spread. Ma questo dannato "Spread" è davvero un "termometro" attendibile? In questo sistema purtroppo bisogna rispondere affermativamente. Ogni punto di questo indice significa in pratica che il popolo italiano è costretto a pagare negli anni successivi 120 milioni di euro in più di interessi sul cosiddetto "debito sovrano" (altra assurdità giuridica per un paese che all'art.1 della sua costituzione attribuisce la sovranità al popolo). Inoltre, come se non bastasse, la costituzione della BCE ha attuato un vero e proprio "attentato all’indipendenza dello Stato Sovrano (art. 241 Codice Penale).
Ma siccome il denaro non dorme mai e così i poteri forti che lo controllano,cosa è accaduto nel frattempo? Una semplice modifica al citato articolo li ha definitivamente messi al sicuro da ogni denuncia.
Ma questo non è solo un "problema italiano". Ovunque nel mondo lo spread appare come un incubo a tre cifre. Il segreto, secondo Visco, sarebbe non farlo andare oltre la fatidica soglia dei 200 punti. A questo punto sorge spontanea una domanda capitale: perché sale lo Spread?
Era solo colpa di Berlusconi? Gli economisti più accreditati risponderanno che ciò è dovuto principalmente alle spese pazze a cui lo Stato è stato esposto durante i decenni precedenti. Lo stato, insomma, avrebbe assunto un comportamento irresponsabile, da allegra cicala, fregandosene del debito accumulato per la spesa, arrivando alla megagalattica cifra duemila miliardi di vecchie lire.
Ma è credibile tutto ciò o c'è qualcos'altro che dobbiamo sapere?

Il signoraggio Bancario



Giacinto Auriti
Il compianto Prof. Auriti
Il compianto Prof. Giacinto Auriti ha dedicato gli ultimi anni della sua vita alla rivendicazione della sovranità popolare della moneta e alla abolizione graduale della cosiddetta "moneta-debito". L'Euro - secondo le teorie di Auriti - sarebbe la materializzazione perfetta della moneta-debito, anche se - occorre sottolineare - anche la vecchia Lira non era esente da questo "peccato originale". In cosa consisterebbe esattamente questo peccato? Tutto sarebbe iniziato con l'avvento della moneta nominale. Con l'arrivo di questa nuova tipologia monetaria si sarebbe praticata una scissione fra la sovranità politica e quella monetaria, con una malcelata subordinazione della prima verso la seconda. Molti, tanto a destra quanto a sinistra, hanno spacciato questo avvento nefasto come una conquista della "democrazia", in quanto avrebbe attuato quella separazione dei poteri tanto auspicata nei regimi "democratici". In realtà, con l'avvento della moneta nominale, l'unico a rimetterci di tasca propria sarebbe stato il popolo, poiché ha perso il valsente di quanto aveva nelle braghe.
Gli stati moderni avrebbero così abdicato la loro sovranità monetaria in favore delle Banche Centrali. Queste in tutti questi anni sono diventate agli occhi di tutti insostituibili. Esse ricoprono una caratteristica peculiare e dogmatica" degli stati nazionali moderni. "Le Banche Centrali (Banca d'Italia, BCE, FED) emettono denaro solamente prestandolo (parole di Auriti)". Questo meccanismo ha ingenerato un debito ab ovo, poiché ad ogni emissione va restituita oltre l'ammontare della cifra emessa pure l'interesse. I detrattori del pensiero auritiano sostengono che il debito è venuto prima, in quanto lo stato prima spende e poi si indebita; e avendo speso di più di quanto incassa deve chiedere denaro in prestito. Ma ciò non è esatto. E a chi lo chiede questo denaro? Al mercato direte voi? No. All'unico ente che è in grado di emettere denaro: la Banca Centrale.
Ma oggi di chi è il denaro? Della Banca Centrale? Evidentemente no. Ma allora perchè la Banca Centrali si comporta come se fosse proprietaria di tutto il denaro in circolazione? I più risponderanno che la Banca Centrale ha il compito di tenere sotto controllo i prezzi e tenere bassa l'inflazione; ragion per cui "alla rarità dell'oro si è sostituita la saggezza dei governatori". In altre parole sono i governatori delle Banche centrali a decidere se occorre immettere altro denaro sul mercato opppure no. Per tal via le previsioni dei governatori sono quasi sempre attendibili per il fatto che hanno il potere di chiudere o aprire il rubinetto del denaro. Ora è abbastanza singolare che uno stato che ostenta la sua "indipendenza" e ama definirsi "sovrano" si indebiti verso se stesso. Di qui ne discende che l'Euro (ma a rigor di logica anche la vecchia Lira) non è una moneta sovrana ma una moneta-debito. E, se così non è, perché uno Stato "sovrano" per avere il suo denaro deve indebitarsi verso una istituzione esterna? Invece, per converso, in questo mondo di rovine elettroniche, appare scontato l'esatto contrario, ragion per cui chiunque si permetta di contraddire questo "dogma monetario" viene non solo tacciato di eresia, ma persino di follia o di demenza. Ma come nasce questo "dogma"?

La nascita della Banca Centrale

Alla fine del periodo rinascimentale gli stati europei si erano esposti notevolmente per far fronte alle continue spese di guerra. Queste spese oltre misura li avevano indebitati sino al collo persino con banche private straniere.
Per mettere fine a questo stato di cose Guglielmo III di Orange d'accordo con William Paterson fondarono la Bank of England. Ma andiamo per ordine.
William Paterson
Nell'annus domini 1693 William Paterson presentò al governo di sua maestà Britannica un suo progetto di qualche anno precedente; progetto che prevedeva tra l'altro la stampa di carta-moneta per coprire una parte del prestito di 1.2 milioni di sterline. Occorre ricordare che allora la moneta aveva un valore intrinseco, non era, cioè, quello che è diventata oggi: carta straccia.  Quelle che usiamo oggi, per intenderci, si chiama "fiat money", moneta a corso legale senza riserva. Così l'anno successivo nacque la Bank of England, una banca di privati, nella modalità di S.p.A. tra i sottoscrittori di un prestito allo Stato, a cui il Parlamento concesse il diritto d’esercitare affari di banca ed emettere, sino alla concorrenza del capitale, biglietti all’ordine di taglio unico (20 sterline). In parole povere, in base ad un deposito in oro custodito presso detta Banca, si emise cartamoneta convertibile in oro; per cui tramite questo escamotage si riuscì a raddoppiare la base monetaria. Nel 1709, detta Banca ottenne, di fatto, il privilegio dell’emissione monetaria per l’Inghilterra e il Galles e divenne altresì la tesoreria dello Stato.
Questa modalità di emissione (secondo il defunto professore) trovò il suo compimento e soprattutto la sua diffusione con la Rivoluzione Francese, dove il potere politico si trovò di fronte alla necessità di una ingente richiesta di liquidità, ragion per cui trovò utile accettare l'uso della moneta nominale. E siccome nelle casse dello Stato non c'era oro a sufficienza per garantire l'emissione di carta-moneta si riprese l'idea di John Law che sostituì l'oro con la terra. Solo che dato che non fu possibile monetizzare subito tutte le terre espropriate al clero si emise moneta nominale, senza valore intrinseco, addebitandolo al popolo attraverso le tasse.Tale stato di cose generò iperinflazione e altissima disoccupazione. La tassazione elevata fu all'origine della rivolta in Vandea.

Proprietà popolare della moneta

Giulio Tremonti

“...la Bce stampa moneta, ma siccome nessun pasto è gratis, tranne forse che per le banche, chi paga? I cittadini”. Giulio Tremonti
Oggidì la BCE emette denaro - come diceva Auriti - prestandolo. Allora, a questo punto, sorge spontanea una domanda capitale: il valore del denaro emesso a chi appartiene? Dalla risposta che ne verrà dipende tutto il resto. E non si tratta - come affermano taluni detrattori - di una questione di lana caprina. Si badi bene. Qui non si tratta di stabilire a chi appartengano le banconote che abbiamo (o non abbiamo) nel portafoglio. Quelle per fortuna appartengono a noi. Su questo non ci piove. Qui trattasi della proprietà del denaro all'atto della emissione. Se il proprietario è il popolo o, per esso, lo Stato, allora nulla va dato alla BCE, se non il costo tipografico e i diritti di copyright sull'euro. Se, viceversa, il denaro appartiene alla BCE, allora la questione non si pone. La moneta, in effetti, all'atto dell'emissione deve avere un proprietario. Questo non può essere impersonato dalla Banca Centrale dato che l'emissione, con la fine degli accordi di Bretton Woods, non viene effettuata sulla base della riserva aurea di proprietà della Banca Centrale. In altre parole, la BCE non ha prodotto il valore monetario, eppure se ne appropria a scapito dello Stato e dei cittadini. La BCE cede a caro prezzo ciò che ad essa costa una sciocchezza e a cui non è essa darne il valore. La Banca Centrale all'atto dell'emisisione epropria e indebita la collettività del suo denato, perchè addebita ciò che dovrebbe accreditare, caricando il costo del denaro del 200%. Oggi il valore della moneta viene conferito dal "mercato" o, meglio, dall'accettazione della moneta da parte del popolo, soprattutto attraverso la richiesta di credito. Per questo si parla di valore convenzionale o, meglio, indotto. La moneta è una fattispecie giuridica che nasce per pura convenzione. Ciò è vero poichè ogni unità di misura ha un valore meramente convenzionale. La moneta, in altre parole, ha valore per il solo fatto che noi decidiamo che lo abbia.  Emblematico è l'esempio de "l'Isola deserta". Se noi mettiamo un banchiere a stampare banconote in un isola deserta, tale moneta non avrà alcun valore, poichè non c'è nessuno che l'accetta. Chi crea il valore monetario è chi lo accetta, non chi lo emette. Per due ordini di motivi:
  1. crea la convenzione monetaria attraverso cui nasce il valore;
  2. conferisce il potere d'acquisto alla moneta tramite il lavoro e lo scambio di beni e servizi.
Per tale motivo si rende necessario reclamare la sovranità popolare della moneta. La moneta - all'atto dell'emissione - dev'essere di proprietà esclusiva dei cittadini. Naturalmente per capire appieno la legittimità di una tale richiesta è necessario far riferimento alla teoria del valore indotto della moneta formulata dal già citato chiarissimo Prof. Auriti: 
"La moneta è un bene reale perchè non è solamente misura del valore, ma anche valore della misura (perchè ogni unità di misura ha necessariamente la qualità corrispondente a ciò che deve misurare: come il metro ha la qualità della lunghezza perchè misura la lunghezza, la moneta ha la qualità del vaore perchè misura il valore)". 
Questa teoria colma un vuoto giuridico poichè, mancando una netta distinzione tra valore creditizio e valore indotto, tutti i bilanci riportano erroneamente a debito anche il valore della moneta, in quanto ascritta come moneta-debito. Qui, per inciso, dirò solamente questo: occorre riconsiderare il concetto di valore monetario, sganciandolo dalle definizioni meramente creditizie al fine di smascherare uno dei più grandi errori attraverso cui l'oligarchia Bancaria ha trasformato i governi a base democratica in daneistocrazie, ossia in regimi usurocratici fondati sul prestito e l'usura. Cos’è dunque il valore? Il compianto Prof. Auriti nella sua chiarissima opera, “Il Paese dell’Utopia – la risposta alle cinque domande di Ezra Pound“ ebbe a scrivere: "il valore è un rapporto tra fasi di tempo".
 In buona sostanza, il valore è il rapporto fra il momento della previsione e il momento previsto. Esempio:
"La penna ha valore perchè prevedo di scrivere; il coltello ha valore perchè prevedo di tagliare; la moneta ha valore perchè prevedo di comprare".
 Il valore, dunque, è una dimensione del tempo, non dello spazio. E', in definitiva, una realtà spirituale, non materiale. La moneta perciò può avere effetti malefici (moneta-debito) o benefici (monetà-proprietà) poichè essa è soggetta alla libertà ontologica dell'uomo. Per questo ed altro, concludo affermando che il valore indotto monetario spetta esclusivamente al popolo sovrano, non ad altri, siano essi banchieri o governanti.

©♚  Pierre

Note: Giacinto Auriti -Il Paese dell’Utopia – la risposta alle cinque domande di Ezra Pound“. Marino Solfanelli Editore.