lunedì 9 settembre 2013

Salario e reddito di cittadinanza



Ormai siamo di fronte ad un vero e proprio stillicidio di parole, senza che, ad esse, seguano FATTI veri e propri. Tasse si, tasse no. Troppe tasse, evasione fiscale, elusione fiscale, riduzione del "cuneo fiscale", persecuzione fiscale e chi più ne ha, più ne metta. 

Per forza di cose, i più, a seconda del rispettivo schieramento d'appartenenza, hanno concentrato le loro energie per far apparire l’altra parte come il massimo dell’incompetenza e, soprattutto, dell’irresponsabilità.

Così i fan di "Gargamella" hanno dato dell’incosciente al Banana,  mentre quelli del PDL hanno ribaltato l’accusa al PD, reo di voler  mettere le mani nelle tasche dell'Italia che produce. Da una parte,  dunque,  l'immagine fuorviante di individui con la testa sulle spalle, che eseguono pedessiquamente i dettami dei banchieri e,  proprio per questo, invisi alla popolazione a causa d'una tassazione sempre più cinica e vessatoria; dall’altra, quella di un partito che, ormai privo del senso del ridicolo, si erge a paladino della “libertà”, compresa quella di evadere ed eludere il fisco, nella speranza, per nulla recondita,  di guadagnare consensi e fare il più bieco proselitismo. 

Eppure, in tutto quest'ambaradan. c’è un aspetto rimasto completamente ignorato dai mass media "embedded". di destra e di sinistra. Vediamo qual è...

Quando la moneta era d'oro o anche d'argento, le tasse rappresentavano sicuramente un ATTO DOVUTO, e chi non le pagava era sicuramente un evasore. La stessa cosa non può dirsi oggi perché la moneta è creata dal nulla, ed è a costo nullo. Oggi la moneta viene emessa in quatitativi illimintati per lo più per ricapitalizzare le banche che si sono arrischiate in operazioni sporche con i famigerati derivati.
Ma nulla arriva nelle tasche del cittadino. E questa è senza alcun dubbio LA PIU' GRANDE INGIUSTIZIA.

Ma adesso veniamo all'annoso problema della riduzione del Cuneo fiscale... Nel confronto odierno, un aumento del cuneo fiscale è visto come uno spostamento verso una redistribuzione della ricchezza; mentre una sua diminuzione è percepita come indice di una maggiore efficienza delle imprese e rappresenterebbe un contributo maggiore a favore dei lavoratori. Attualmente la destra ne auspica una forte riduzione, mentre la sinistra ritiene possibile solo una riduzione di pochi punti percentuali.  E' la solita storia della "coperta corta". Discorso analogo deve farsi per la flessibiltà.
Tutti, chi più chi meno, abbiamo sentito parlare di "flessibilità del lavoro". Ma cosa significa esattamente tutto ciò?
Allora, per gli operai significa, essenzialmente,  produrre di più e guadagnare di meno. Una cosa inaudita ed inammissibile per qualsiasi prestatore d'opera, soprattutto rispetto agli alti stipendi che intascano gli Amministratori delegati delle aziende. Eppure, dati alla mano, i costi della mano d'opera incidono assai di più rispetto ai pur alti stipendi dei colletti bianchi. 
Inoltre, come se non bastasse, "la moderazione salariale non basta per ridare slancio all'economia e creare nuova occupazione". 

Queste sagge parole  pronunciate  dall'allora governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio, la dicono lunga circa l''impossibilità di praticare una politica siffatta per rilanciare la crescita economica.
Allora, balza alla mente il quesito di leniniana memoria: CHE FARE?

E' grave che una tal cosa non sia stata mai recepita e concepita dai Sindacati Ufficiali. Il sindacato, nato come strumento di rivoluzione, al fine di rivendicare nei confronti del datore di lavoro una parte del plusvalore sottratto al lavoratore, ha commesso un grave errore. 
Carlo Marx sosteneva che il datore di lavoro gabba il lavoratore, sottraendogli una parte del plusvalore. Il Sindacato, per questo preciso motivo, si è sempre proposto di restituire all'operaio, attraverso l'aumento del salario, la parte del plusvalore mancante. E qui si è ingenerato un grosso equivoco.
Il salario come qualunque economista sa, non è propriamente un reddito ma è essenzialmente un costo di produzione, ragion per cui ad un aumento del salario corrisponde necessariamente un aumento del costo di produzione. All'aumento del costo di produzione corrisponde, a sua volta, un aumento del prezzo. Il tutto causa un aumento dell'ìnflazione, ingenerando un effetto ciclico a catena interminabile. 
Qual è allora la linea maestra da seguire?




Tuttavia, seppure quello rappresentato nel grafico risulta un passo in avanti in direzione della vera equità, ciò non è quanto effettivamente auspicabile. Si può fare di più. PRETENDENDO e non elemosinando un obolo qualsiasi.
Ai lavoratori va dato il salario e ai cittadini va dato il reddito. Il reddito si differenzia nettamente dal salario. poichè esso non scaturisce dal lavoro, bensì dal fatto di esistere. Così facendo si elide alla fonte ogni sorta di conflitto contrattuale. Il contratto, per venir posto in essere, necessita necessariamente di due parti contraenti. Inoltre per garantire un contratto equo è altresì necessario porre sullo stesso piano i contraenti.
Come si può ottenere tutto ciò?

Occorre stabilire, dunque,  il principio della proprietà popolare della moneta. La proprietà della moneta va attribbuita a chi l'accetta non a chi la emette. Oggi la moneta ha un costo trascurabile. Le banche centrali la creano dal nulla, al costo di carta e inchiostro. 
Quando la moneta era d'oro una tal cosa era assai onerosa, dato l'alto costo del conio stesso. 
Ma oggi, dove pure la carta sta pian piano scomparendo, essendo stata sostituita da impulsi elettronici, una tal cosa è quanto di più urgente possa attuarsi. "La moneta ha valore per il solo fatto che noi ci mettiamo d'accordo che lo abbia. E non si capisce il perché la Banca Centrale, finita la farsa della riserva, detenga la proprietà della moneta all'atto dell'emissione. Su questa premessa, al cittadino va conferito il reddito di cittadinanza, gratuitamente, senza che lavori, per il fatto stesso di essere cittadino. Questo è vero in base al principio aureo secondo cui "Non esiste ricchezza in un mondo di morti".
Il salario, viceversa, rappresenta il compenso per il lavoro svolto. Su questa base è altresì possibile ridurre il salario, senza costringere il lavoratore ad uno stato di estrema indigenza, poiché il lavoratore disporrà anche del reddito di cittadinanza. Il reddito di cittadinanza va consegnato ad ognuno, indipendentemente dal censo che ricopre. In tal modo si è rafforzata la parte contraente più debole: il lavoratore.
Solo quando il lavoratore sarà affrancato dall'indigenza, potrà accettare un contratto di lavoro liberamente e a qualsiasi prezzo. Anche a costo zero.
© ♚Pierre