Il mercato ci ha concesso una tregua. Certamente. Ma non il credito di cui il popolo ha bisogno. Per questo lo spread tra bund e buoni del tesoro è ancora molto alto. Intanto il varo della manovra non ha sortito commenti positivi, nemmeno da chi si appresta a votarla. Occorre tamponare i gravissimi problemi contingenti: pensioni, mercato del lavoro, ripresa ecc. Non si può lasciare affogare questo paese nella palude delle varie lobbies che ancora riescono a dettare l'agenda dei loro assurdi privilegi. Bisogna inaugurare una vera rivoluzione copernicana che individui i veri privilegi e le reali povertà. Rimanendo fermi però sulla disciplina fiscale e di bilancio. Su quest'ultimo punto, però, vi sono ostacoli insormontabili. I veri problemi strutturali dell'Italia non possono essere archiviati con un tratto di penna: essi hanno origini antiche e radici profonde e connotano la struttura gerarchica del nostro paese. Mettervi mano equivarrebbe a ingenerare una vera e propria rivolta dello status quo, la qual cosa non riesce praticabile ad alcun governo "democratico".
La politica s'è ormai disciollta nell'acido della stretta creditizia, sostituita dalle "molecole" tecno-finanziarie che non danno problemi di rigetto e, soprattutto, sono refrattarie alle reazioni popolari.
La politica - d'altro canto - è morta da tempo immemorabile. Ma non è stato un caso di omicidio e nemmeno di suicidio. Si tratta invero di eutanasia.
La politica - d'altro canto - è morta da tempo immemorabile. Ma non è stato un caso di omicidio e nemmeno di suicidio. Si tratta invero di eutanasia.
I sindacati rimangono dunque da soli sulla barricata ma dubito che il soldato Camusso possa resistere al tiro incrociato dei partiti e delle banche.
Dopo il rigore immediato per i pensionati, occorre osservare che da parte dei dirigenti confederali non esiste una visione complessiva delle cose, per cui si registrano sempre i soliti distinguo che non giovano alla causa generale."Ragazzi, siamo in recessione" - verrebbe da dire. Ma non solo economicamente. Anche nel campo dei diritti si procede con la scure. Si richiede sempre più flessibilità. A questo proposito si invoca la flex-security di marca danese, una sorta di mix fra flessibilità del lavoro e sicurezza. Ma l'ex Ministro del Lavoro, Cesare Damiano, avverte di aver studiato la materia e che tale ipotesi risulterebbe irrealizzabile in Italia per via degli alti costi di realizzazione. E così l'art. 18 diventa sempre più ingombrante, fino a suscitare l'ira dei sindacati confederali. Pietro Ichino, invece, si dichiara possibilista. Secondo la sua ipotesi si potrebbe assumere a tempo indeterminato, salvo poi sciogliere il rapporto senza troppe difficoltà. Una sorta di matrimonio scindibile, dunque. Ma perché c'è tanto allarme sull'art.18? Le radici vanno ricercate in quella sorta di unione consociativa che risale alla prima repubblica, dove i socialcomunisti gestivano la politica del lavoro e i democristiani quella industriale. Entrambi, visti i risultati odierni hanno miseramente fallito.
Forse questo articolo sarà stralciato e diventerà carta-straccia. Non che prima fosse proprio una misura equa. Tutti avevano avvertito la palese sperequazione fra le aziende con 15 dipendenti e quelle con 16. E dire che il vecchio subcomandante Fausto voleva estenderlo a tutti. Purtroppo però il referendum diede esisto negativo. I lavoratori fissi pensarono bene di recarsi al mare invece che a votare, facendo venir meno il quorum necessario...Le solite categorie protette non si mobilitarono per la estensione, e anche il "cinese", Sergio Cofferati, diede una mano a remare contro, attraverso qualche dichiarazione non proprio commendevole...
Adesso la trimurti sindacale sostiene che l'art. 18 non si tocca, confermando di voler tutelare i soliti noti, dimenticando che in Italia tre milioni e mezzo di lavoratori non beneficiano di suddetto articolo da quando sono entrati nel mondo del lavoro.
Il Partito Democratico non sa che pesci pigliare, dove si confronta la linea Ichino, favorevole alla sua abolizione, e, dall'altra parte, c'è Cesare Damiano che è molto critico. Bersani, dal canto suo, preferirebbe prendere tempo. Sull'articolo 18 c'è il rischio di far crollare tutto e il PD è pronto al dialogo ma solo dopo le feste. Ma questa ostinazione di principio sull'art. 18 non ha davvero senso, poiché non è estesa a tutti i dipendenti e finisce per lo più per favorire i soliti lavoratori sindacalizzati, penalizzando alcune ditte e favorendone altre. Inoltre se si vuole introdurre un parametro di equità, bisognerebbe o estenderlo a tutti oppure azzerarlo, mettendo anche chi è al sicuro nella medesima condizione di chi non lo è. Ma quest'ultimo punto, evidentemente, non conviene...
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