venerdì 9 dicembre 2011

Compleanno


Sono passati quattro lustri dalla creazione dell’Europa monetaria e di acqua sotto ai ponti ne abbiamo vista passare moltissima. Allora, a Maastricht, c’erano solo dodici Paesi. Oggi siamo a quota ventisette e, probabilmente, domani si raggiungerà quota ventotto con l’allargamento dell’Europa alla Croazia. Ma proprio in questo momento l’edificio europeo potrebbe collassare. Chi se ne intende ci suggerisce che i politici accettano misure drastiche solo quando si aprono davanti a loro le porte dell’abisso.

Correva l’anno 1992 e, a Palazzo Chigi, sedeva Il dottor Sottile, designato da Oscar Luigi Scalfaro per mettere a posto i conti: 93 mila e duecento miliardi di vecchie lire tra prelievi fiscali, tasse e balzelli vari. E fu solo l’inizio di una lunga serie di finanziarie “lacrime e sangue”, che prelevarono tutto quanto il prelevabile onde consentire il rispetto dei parametri di Maastricht, indispensabile per farci entrare nel Club di Eurolandia. Chi pagò? Pantalone, come sempre.


Intanto, Prodi e compagnia bella spacciavano l’euro come fosse una pepita d’oro.

Massimo D’Alema il sedici novembre 1998 dixit:

“Dobbiamo sfruttare nel migliore dei modi i grandi vantaggi che ci porterà l’euro: dalla stabilità alla spinta verso lo sviluppo economico, fino alla bassa inflazione e alle opportunità di crescita”.



Anche Carlo Azeglio Ciampi, ex presidente della Repubblica, nonché Governatore della Banca d’Italia, il 7 febbraio dell’anno 2000, ad una delegazione di imprenditori italiani in visita al Quirinale, ebbe a dire:

“Vi ricordate quanto si pagava in più di interessi rispetto ai concorrenti europei? Prima dell’euro lo stato italiano era considerato un debitore meno affidabile di altri stati. Ora siamo credibili quanto gli altri”.

In tutto questo tempo, però, noi comuni mortali di crescita ne abbiamo vista poca e la credibilità è venuta meno. Le uniche cose che abbiamo visto crescere sono gli sprechi improduttivi e gli scandali a catena del dopo-tangentopoli. Il cambio sfavorevole, sin dall’entrata nell’euro, ci ha portato a spendere meno, ancor prima che si verificassero le crisi. L’euro avrebbe dovuto portare in Italia meno inflazione, tassi di interesse più bassi, e, soprattutto, riempire la voragine del debito pubblico. Per non parlare dell’Euro-tassa che doveva metterci in linea con il resto dell’Europa. Che ne è stato di tutto questo? Adesso, con la crisi in atto, siamo sull’orlo del baratro. Cosa dovrebbero capire i nostri politici?

Facciamo un po’ di storia. Il progetto di Eurolandia è nato nel segno dell’ambiguità. Si è costruita un’entità astratta, senza un governo politico unico, che nascondeva la forza della Germania e la debolezza della Francia. E, dotandosi di una moneta unica, l’Europa ha voluto giocare la sua partita tra i pesi massimi del mondo, comprese le economie emergenti. Per questo traballa ancora sotto i colpi del "mercato", e non riesce a reagire, rimanenendo nell'angolo. Così si direbbe o, meglio, così ci dicono.
”L’ Europa è cresciuta" – ci dicono. Certamente, ma a che prezzo e, soprattutto, in che senso?
Siamo davvero competitivi nell’ambito mondiale? Il problema del debito sovrano non investe solo i paesi mediterranei come la Grecia, l’Italia, la Spagna e il Portogallo. Il problema del debito è alla base di questa costruzione monetaria, che non fa l’interesse del popolo, ma delle sue oligarchie finanziarie. Il debito pubblico è una zavorra che si auto alimenta, diventando, via via, insormontabile.
La crisi che sta investendo l’Europa è dovuta principalmente (ma non esclusivamente) al declassamento dei titoli statali del debito pubblico. Ma andiamo per ordine.
Lo Stato per venire incontro alle sue esigenze monetarie emette titoli di stato che vengono scontati dalle banche. Successivamente questi titoli vengono messi in borsa e quotati dalle famigerate agenzie di rating. Quando le banche intendono alzare i tassi di interesse, spediscono le proprie “veline” alle agenzie di rating, che, a loro volta, declassano i titoli di stato in questione. Dopo di che gli stati colpiti da giudizi negativi sono costretti – obtorto collo – ad accettare le condizioni capestro a tassi più elevati. Quando si supera un certo limite (rapporto debito/Pil), arrivano le autorità monetarie europee, spediscono “lettere intimidatorie” agli stati insolventi per indurli a più “miti consigli”. Se gli stati non recepiscono le “informative europee”, le oligarchie finanziarie mandano i loro emissari nei paesi disobbedienti per metterli in riga. Questa è – in estrema sintesi – la situazione attuale, ragion per cui, se l’alternativa è “la borsa o la vita”, meglio propendere per la seconda.
©  ♚Pierre

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