sabato 12 novembre 2011

I signori della moneta e la "cura proibita".

Luca Papademos  e Mario Monti
Non è un caso se Atene e Roma, pur così lontane, siano in realtà vicinissime. Mentre qui si traccheggia per proporre un governo di emergenza guidato dall'economista Mario Monti, ad Atene si trova l'intesa per un governo di "salute pubblica" con a capo Luca Papademos.   Due economisti, dunque.  E se qui lo scandaloso Cavaliere aveva offerto il fianco ai suoi sinistri detrattori per  le sue performances erotiche,   il buon vecchio Papandreu, per converso, era rimasto casto come un amanuense. Indi, a ben vedere, almeno nel caso della Grecia, l'invocazione del governo di salute pubblica è stata quanto meno strumentale. Per non parlare poi del gioco delle tre carte che avviene "normalmente" fra i mercati e politica...
L'uso di termini sanitari è quanto mai appropriato,  ivi compresa la "cura" Anche gli uomini, nemmeno a farlo apposta, sono intercambiabili.  Quella che non cambia, però, è la cura: aumento della pressione fiscale, taglio di beni e servizi pubblici, innalzamento dell'età pensionabile, riforma del mercato del lavoro, ecc. In altre parole, si tratta di varare manovre massimamente antipopolari: le cosiddette manovre "lacrime e sangue". E' l'ennesima solfa che i cosiddetti scienziati della finanza propongono ad ogni ricorso ciclico della crisi. Non è la prima volta e non sarà l'ultima se non si cambia sistema.  Sono almeno venti anni, senza andare troppo indietro nel tempo, che ciò accade.   Tutti ricorderanno la tempesta finanziaria che nel 1992 si abbattè sulle Lire (italiana e britannica) ad opera dello finanziere speculatore filosofo George Soros, a cui fece seguito il famigerato repulisti ordito dai magistrati attraverso Tangentopoli. Per questo ed altro vengono evocati i cosiddetti "governi tecnici", così come si farebbe con un demiurgo in una tragedia greca. Costoro non dovranno dar conto a nessuno, eccezion fatta per i "signori della moneta". Tutti sanno che i debiti con la Bce (che poi sono in gran parte debiti contratti con le banche francesi e, soprattutto, tedesche) non verranno mai onorati. Perché allora vengono sempre concessi? A queste domande non è facile rispondere rimanendo seri e soprattutto sinceri.

Sicuramente un ritorno alla vecchia lira potrebbe risolvere in parte il problema; anche se sarebbe stato meglio rimanere fuori dall'Euro e aspettare almeno che all'unità monetaria fosse affiancata quella politica e, soprattutto, quella economica. E' praticamente impossibile gestire un paese con una moneta unica attraverso distinti debiti pubblici, senza un fondo di garanzia comune e, soprattutto, non tenendo conto che il PIL non potrà mai essere uguale per tutti gli Stati dell'unione.
In altre parole si sarebbero dovuti cambiare i parametri e il sistema.

Nel caso di un ritorno alla moneta nazionale (sia essa dracma o Lira) vi sono diversi fattori che vanno considerati; in quanto adesso, oggettivamente, la situazione è mutata.  I debiti contratti in  euro  diventeranno sicuramente più onerosi  attraverso il ritorno alla moneta nazionale.  E nessuno potrebbe impedire che essi vengano calcolati in euro, in dollari o in altra valuta pregiata. Per evitare una tale nefasta prospettiva  si renderebbe necessario un netto rifiuto di onorare il debito; in quanto sarebbe pressoché impossibile chiedere di rifinanziarlo sui mercati internazionali, attraverso una moneta svalutata. Allora bisognerebbe congelare i conti correnti in gran segreto,  evitare di far conoscere le proprie intenzioni ai banchieri centrali (per questo costoro hanno emissari ovunque!) bloccare qualunque esportazione di valuta all'estero e quindi uscire dalla Unione Europea e ricominciare ad emettere moneta per proprio conto, facendo a meno delle cosiddette Banche Centrali e, soprattutto, dell'emissione di denaro pubblico dietro pagamento di un esoso interesse.

Per questi motivi molti partiti politici giudicano poco conveniente appoggiare un governo tecnico.  Infatti, in tal caso, si sarebbe chiamati a pagarne il prezzo in valuta "elettorale", il che risulterebbe molto sconveniente allorquando il governo tecnico finirà il suo mandato. La fragilità di un ipotetico governo Monti è racchiuso in questi precisi parametri: appeal popolare,  appoggio incondizionato del parlamento, accettazione e della manovre "lacrime e sangue". Costi quel che costi. Di qui discendono tutti gli appelli al rigore, al senso di responsabilità, all'unità nazionale ecc. Sono tutti pretesti utili per creare un salvacondotto alle politiche "lacrime e sangue". Nulla di più.

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