martedì 23 ottobre 2012

La salute della democrazia

Prendo spunto dall'arguto commento di Tullia per scrivere su un tema che mi è tanto caro:  la democrazia 


Diagnosi

La democrazia è sicuramente malata, infestata da virus malefici che ne minano continuamente la  salute in modo tale da renderla quasi irriconoscibile. Il suo volto appare emaciato, il corpo anoressico,  la pelle verdastra, l'iride giallastra, il suo umore assai catatonico e depresso. La sua andatura è claudicante, sovente soggetta a rovinose cadute... Questo è - in estrema sintesi - il suo stato di salute attuale.

Definizione


La sua definizione nel suo secolare incedere nella storia si è arricchita - via via - di aggettivi: diretta, rappresentativa, formale, sostanziale, liberale, sociale, ecc. La democrazia è in effetti una concezione giuridica che mette al primo posto l'eguaglianza dei cittadini, l'attribuzione a questi ultimi non solo di diritti ma anche dei doveri sociali e civili, coinvolgendo le istituzioni, col diretto sostegno dei cittadini.
Secondo la consolidata prassi elaborata dalla teoria anglosassone con il termine democrazia deve intendersi: "la continua capacità di risposta del governo alle preferenze dei cittadini,  considerati politicamente eguali".  

Le vicende della storia democratica moderna si svolgono con forme ed espressioni diverse, prima nella creazione dello Stato di Diritto sorto nel XIX sec. e successivamente nello stato sociale del XX sec. ed infine nello Stato Costituzionale affermatosi dopo l'ultimo conflitto mondiale.
La storia ci insegna che essa rappresenta sostanzialmente un progetto di libertà ed eguaglianza, dove, per eguaglianza, non si deve intendere (come taluni detrattori spesso tendono maliziosamente a rimarcare) la naturale differenza degli uomini, ma la sostanziale condizione di parità  di questi ultimi di fronte alla legge.
 La democrazia, perciò, lungi dall'essere foriera di ingiustizie, poiché metterebbe tutti sullo stesso piano ignorando le differenze, si erge a paladina di queste ultime, proteggendone l'integrità e mettendone a valore i frutti. 
La democrazia  - a partire dalla fine dell'ultimo conflitto mondiale - assumeva un significato diverso: in polemica col recente passato, e di base per una storia futura completamente cambiata. Si trattava in effetti di costituire un assetto costituzionale politico e sociale alle cui decisioni potesse partecipare il popolo, attraverso opportune forme regolate da una costituzione. Un regime politico caratterizzato da tre elementi:

  1. l'effettività dei poteri popolari;
  2. la libertà;
  3. la consapevolezza politica necessaria;  
Tutti e tre questi elementi costituivano una rivalsa verso il passato regime politico, di semplice adesione  al   "capo".
Dalla seconda metà del secolo scorso la parola democrazia è entrata perciò nel lessico degli uomini politici fino a diventare un tema ricorrente e  ridondante, tanto inutile quanto vacuo. L'uso e, soprattutto, l'abuso della parola, è giunto ad un punto tale che essa si è trasformata  in un concetto idolatrico onnicomprensivo, sintesi di tute le cose "buone e belle", tanto che oggi, ogni paese, arretrato o meno sviluppato che sia, tende a riconoscervisi. Tuttavia,  come direbbe Pierre, "abusus non tollit usum". Occorre cioè togliere gli orpelli  inutili alla democrazia e rimanere sull'essenziale, lasciando libertà maggiore ai singoli e ai gruppi sociali minoritari. La democrazia perciò matura tra due poli fondamentali:

  1. legittimazione del governo popolare;
  2. rispetto della persona umana.
E si reputa la democrazia tanto più realizzata quanto più i due poli tendano ad avvicinarsi tra loro in un rapporto di reciproco e costante dialogo.

Detto ciò occorre allora preservare la democrazia dagli attacchi strumentali che sempre più le vengono mossi, concorrendo al suo miglioramento, individuando le storture e le cause di degenerescenza.

Le basi per ottenere una democrazia qualitativaemte elevata vanno ricercate attraverso la realizzazione di due punti fondamentali:
  1. sul piano della rappresentanza (della scelta dei governanti, della loro legittimazione, della loro responsabilità;
  2. sul piano della  partecipazione, cioè nella continuità sostanziale tra eletti ed elettori.

Il processo democratico, insomma, è in continuo divenire, ragion per cui non può mai dirsi compiuto. Per questo non bisogna abbattersi e cedere allo sconforto. 
La democrazia non attiene dunque solo al passato o, al massimo, al presente; essa rappresenta una conquista ed ha bisogno di quotidiane conferme che sappiano contrastare l'indifferenza, la disaffezione, l'apatia e lo scetticismo insiti nell'uomo, al fine di proiettarsi indenne verso il futuro La sua realizzazione concreta si alimenta nel rapporto dialettico e nel confronto di idee eterogenee che arricchisono e aumentano la partecipazione alla cosa pubblica. Le contrapposizioni, in un sistema correttamente democratico, devono essere sempre intese ad includere mai ad escludere o a creare dei ghetti di pensiero.
La democrazia, per vivere, necessita di un tessuto connettivo forte;  cioè di forti mediatori sociali che ne garantiscano la continuità, pena la discesa in campo di persone abiette e di approfittatori.  La quintessenza della democrazia si riassume nel raccordo diretto fra eletti ed elettori, senza indebite intrusioni. 
Sulla scorta di quanto appena affermato appare essenziale rendere praticabile il percorso democratico a tutti, al di là delle cadenze elettorali che, invece, dovrebbero rappresentare la fine di un percorso iniziato prima.   
Come rendere reale una democrazia formale? Come fare per ridurre ogni distanza fra elettori ed eletti, fra governanti e governati? Come favorire una democrazia permanente che nel contempo sappia rinnovarsi senza scadere in altre forme degenerescenti (populismo, plebiscitarismo, autoritarismo)?  
Questo mi pare il vero obiettivo.
La democrazia di massa non è vera democrazia, poiché tutto quanto tende alla massificazione è in effetti un processo omologante, tendente alla realizzazione del pensiero unico. 
Nelle democrazie occidentali il collegamento fra governanti e governati è stato garantito dalla presenza dei partiti politici, o da forme di associazionismo parapolitico assimilabili ai partiti stessi. In altre parole i partiti hanno operato alla stregua di canali di trasmissione e di raccordi di collegamento fra le richieste della gente e le decisione dei governanti. A ben vedere, però,  è proprio questo il campo dove oggi vengono a manifestarsi gli aspetti più vistosi di una crisi che viene direttamente a incidere sulla vita politca e sul funzionamento democratici. E proprio su questo terreno e attraverso la deformazione del consenso e la deideologizzazione del pensiero collettivo che la democrazia ha perso la sua partita più importante. Qui si sono consumati tutti gli eccessi e le degenerazioni, La democrazia è diventata partitocrazia, e la partecipazione si è trasformata in collusione clientelare e voto di scambio.
E' mancato, evidentemente, il supporto etico-morale. Ad esso si è sostituito un utilitarismo bieco e   cinico.
  Come riportare la democrazia al suo ruolo fondante nella società? Come potenziare le forme della democrazia diretta senza scivolare sulla china del populismo?
Questi sono gli interrogativi a cui la classe politica dovrà rispondere, se non vorrà collassare in un abisso senza fondo?
Altro aspetto assai rilevante nella crisi in atto è rappresentato dall'evanescenza delle sovranità nazionali. In questo quadro si sollevano tutta una serie di problemi che hanno allontanato ancor di più i cittadini dai loro governanti. Il declino delle sovranità nazionali che non si esplica tanto nella fine dei confini territoriali, quanto nella fine della sovranità politica e monetaria, è un altro aspetto assai rilevante nella crisi che attanaglia la democrazia.
Il fatto è che da alcuni lustri i partiti politici - almeno nell'area occidentale - si sono trovati nella necessità di affrontare la sfida imposta dalla presenza di una la società sempre meno ideologizzata; di una società che da un lato tende a favorire l'apatia e la disattenzione dei cittadini verso la cosa pubblica; e dall'altro aumentare il peso degli interessi settoriali e corporativi.  Per questo motivo al tramontare dell'ideologia è sorto l'interesse.
La scarsa trasparenza dei processi decisionali che danno spesso la sensazione ai cittadini di non contare un fico secco, il peso bulimico crescente assunto dalle burocrazie, i troppi esempi di illegalità diffusa, premiata e non punita, contribuiscono poi ad allargare il quadro di quelle false aspettative  della democrazia che hanno condotto nel tempo da un lato ad affievolire quello spirito di solideraietà civile su cui le democrazie dovrebbero fondarsi; dall'altro aumentare sempre più la "forbice" tra base sociale e governi, ingenerando la disaffezione e soprattutto il ricorso all'antipolitica e al qualunquismo.
Inoltre è venuta a mancare una pedagogia della democrazia. Tutte le forme di educazione dei governanti erano applicabili solo per i regimi assolutistici o  fortemente autoritari; è mancata, invece, una scuola per i governanti democratici. Questo fattore ha finito per influire non poco sull'effettiva rendita qualitativa del personale "democratico" preposto al governo del paese. Questo stato di cose invece di instillare la consapevolezza necessaria ha finito per accelerare il processo di degenerazione democratica, facilitando l'ingresso in politica di beceri arrivisti e approfittatori di ogni genere e risma.  
© ♕Pier Luigi

10 commenti:

  1. "Libertà, Uguaglianza e Fraternità" . Questo motto non è altro che un palese ossimoro, in quanto l'uguaglianza prevede il livellamento delle individualità, e la libertà, per converso, dando ampio spazio all'individualità, mette in evidenza ed in competizione le diversità. Pertanto la libertà è qualcosa che non spetta per diritto naturale a tutti, essa va conquistata, e una volta conquistata difesa a spada tratta.

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    1. Sottoscrivo il commento di Pierre, aggiungendo che "ognuno ha la libertà che gli spetta", ossia ognuno ha la libertà propria al suo rango di appartenenza, in virtù della naturale disuguaglianza fra gli esseri.

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    2. Che vuoi dire con "ognuno ha la libertà che gli spetta"? Che forse esiste una libertà diversa per ognuno? Questo è vero solo perchè esistono uomini prepotenti che si arrogano il diritto di fare quello che vogliono danneggiando gli altri! Io non sono d'accordo!

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    3. C'è qualcosa di vero, io credo, nell'affermazione che 'ognuno ha la libertà che gli spetta'. E' come con l'evoluzione spirituale: non tutti la desiderano. O come con la felicità. La libertà è gravosa: richiede responsabilità, capacità di non vivere per delega. Molti la schivano come la peste e sono eterodiretti. Chi l'ha conquistata - in qualche modo, in qualche forma - la difende invece, come dice Pierre, davvero a spada tratta. Sa quanto sia importante, fragile, quanto il sonno si nasconda sempre, silente, nelle nostre coscienze. La libertà è un enorme, meraviglioso 'rischio' ed è sempre a rischio.

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  2. Per uscire dalla crisi ( che non è solo economica) occorre una ricomposizione fra diritto e politica. Occorre, cioè, una democrazia deliberata e partecipata; e per questo io non credo che basti il governo funzionale dell'europa... per l'asprezza stessa della globalizzazione, il cosiddetto mondo Hobbesiano che ritorna. La globalizzazione "soft" non è mai esistita. Mi riferisco alla Cina, all'India...quindi bisogna ricostituire un nesso fra legalità e sovranità.
    Con stima.
    Rinaldo

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  3. "Il fascismo respinge nella democrazia l'assurda menzogna convenzionale dell'egualitarismo politico e l'abito della responsabilità collettiva e il mito della felicità e del progresso indefinito. Ma, se la democrazia può essere diversamente intesa, cioè se la democrazia significa non respingere il popolo ai margini dello stato, il fascismo potè da chi scrive essere definito una democrazia organizzata, centralizzata, autoritaria".
    Benito Mussolini

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  4. Io penso che ci sono una quantità impressionante di documenti sul declino dei poteri democratici... questi ultimi sono stati oramai scavalcati dai poteri usurocratici delle Banche. Vi è una nuova "democrazia" quella finanziaria, formata dal cosiddetto "elettorato del risparmio" che va a confliggere con quella venuta fuorid al suffragio universale.

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  5. Nel mondo odierno le decisioni veramente importanti vengono prese da persone non elette, senz'alcuna legittimazione democratica. Vicerversa coloro che sono stati "eletti" o possiedono un potere decisionale estremamente debole oppure sono solo uomini di paglia, titolari di un potere solo apparentemente, in quanto rappresentanti una struttura ... Questo lo ritroviamo soprattutto a livello europeo, dove si registra un enorme deficit democratico. Penso, ad esempio, alla Commissione Europea che, di fatto, non viene eletta dai cittadini europei. INoltre il margine di manovra dei governi nazionali è oggi ridotta al lumicino. Ciò perché siamo in un processo di mondializzazione dove i singoli stati sono via via desautorati e anche se lo volessero non avrebbero la possibilità di giocare un ruolo autonomo.

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