giovedì 11 ottobre 2012

Critiche e risposte

Metaeconomia

Nel riprendere il cammino parzialmente interrotto, e dopo aver sottolineato che il il post di Pier Luigi rende molte cose più problematiche, vorrei sottolineare tre punti.


1. Problemi di visione generale. Le due visuali, quella Meta-economica e quella economica, si rapportano, si collegano, si connettono, ma non si esauriscono l’una nell’altra. In particolare, la visuale politica non si esaurisce in quella religiosa. All’errore, sorto nell’area monoteistica, di una Libertà divina capace di tutto e del contrario di tutto, in sostanza “mangiantesi” tutti gli altri aspetti del Divino, in sé altrettanto legittimi (chi è poi l’uomo per dire “cosa ci devessere nel Divino?”: questi zelatori onnipotenzialistici arrivano all’assurdo di voler dire a Dio cosa c’è in Lui, quando, per definizione, nel Divino vi sarà sempre di più, infinitamente di più, di quanto mente umana potrà mai concepire o immaginare), agli zelatori onnipotenzialistici la metafisica risponde con i gradi dell’Essere, con i piani e livelli dell’Essere, sottolineando come anche il più vicino a noi sia nella sostanza diverso dagli altri, e con il salvare il lato “oggetto”, senza però ridurlo alla “materia”, senza cioè cadere nel razionalismo e nel materialismo e nello scientismo moderni.
Come diceva Abd el-Kader, in risposta precisamente agli zelatori dell’Onnipotenza:
“Certo, Lui può far uscire un frutto da una pietra, ma non prima di aver mutato la pietra in un albero” (Abd el-Kader: Il Libro delle soste, Rusconi 1984, p. 146). 
Lui non forza le cose, ma le predispone. In Lui Onnipotenza e Sapienza son riflessi di un’Unica Essenza; chi oppone l’una all’altra si proibisce di vedere le cose come stanno. Siamo allora in quella che Abd el-Kader chiamava “Il dio condizionato dalla credenza”, cioè quel che si adora è sempre un aspetto parziale del Divino stesso, una sua imago. Lui accetta tale adorazione perché è il solo modo di connettersi all’umana finitezza, ma non bisogna inferire che tale imago sia Lui Stesso. Abd el-Kader, poi, giunge ad un notevole universalismo, quanto ad estensione dell’imago stessa, però aggiunge che questa non è cosa da divulgarsi, e che bene fanno i dottori della Legge a punire chi divulga queste cose. Comprendo il punto di vista di Abd el-Kader, ma è proprio qui che Auriti ha “rotto gli argini”, perché, ed è incontestabile, egli ha “rivelato” e poi  “divulgato” una teoria economica “nuova”. Ma nuova per i moderni, per coloro che si sono abbeverati alla fonte illuminista del progressismo e dello scientismo.; non “nuova ” per coloro i quali sono i “testimoni della TRADIZIONE UNA“. E condivido questo punto di vista, perché Auriti  ha “divulgato” in modo apparentemente facile; in realtà il  significato è “difficile”, dove sia i contenuti che la forma sono inconsapevolmente messi a nudo proprio per non rendere arduo il seguire. “Rivelare” non significa rendere noto (come frettolosamente spiegano i moderni) ma  significa – al contrario – propriamentevelare due volte”.  Ha dunque giustamente pensato che, prima o poi, la cosa sarebbe venuta fuori, e questo avrebbe potuto portare a grossi malintesi, e che, pertanto, era meglio “fare luce che nascondere, dove il “nascondere” era ormai un gioco di cui “non vale la candela”. D’altro canto, le autorità religiose, questa volta nel loro lato legittimo (non le “autorità” che hanno teso, e tendono, a “modernizzarsi”), nel condannare in sostanza la visione davvero esoterica, che confonde con quella pseudo-esoterica, ma è una distinzione assolutamente non chiara nelle menti exoteristiche, la cui unica discriminante è l’accettazione dell’exoterismo, e non è una discriminante certa, non lo fanno, sovente (c’è anche da parte di molti una notevole malafede, ma non può esser così per tutti: è semplicemente impossibile), perché comprendano il quid della questione, ma semplicemente perché non possono comprendere. E questo è il tipico tratto del Kali-Yuga: non poter comprendere queste cose nemmeno lontanamente da parte della stragrande maggioranza della popolosissima umanità planetaria (più di sei miliardi).
Pertanto, tornando a noi, vi è una differenza “a monte” fra mentalità “Meta economica”  e mentalità economica, quest’ultima sviluppando poi quei “precipitati” che sono “l’utilitarismo ed il soggettivismo che rendono di conseguenza impossibile il discorso, perché la visuale metafisica non li può accettare (lo si è visto: si salva il lato “oggetto“, ma non riducendolo alla realtà corporea, punto importantissimo di differenziazione con le visuali moderne, che reagiscono al soggettivismo religioso (e “mistico“), però verso il Basso, precipitando una situazione).
Secondo Abd el-Kader, e giustamente, Dio non è vincolato alle leggi cosmiche, pensarlo sarebbe andare contro il Suo Nome “l’Onnipotente“, ma non è nemmeno latore di una malintesa “libertà” capace di stravolgere il Cosmo a piacimento, di perdonare senza motivo e condannare senza ragione, perché pensarlo sarebbe andare contro il Suo Nome “il Sapiente“. Il punto davvero incomprensibile, e davvero mysterium, per la mente umana, è che questi due aspetti formano e son parte e vengono da un’Unica Essenza. Portando la mentalità metafisica al suo limite, quest’ultima deve anche andare oltre se stessa, e, dall’accentuazione (indubbia) del Nome “il Sapiente“, che indubbiamente la caratterizza, in relazione al fatto che la mentalità religiosa accentua “l’Onnipotente“, deve giungere ad una com-posizione dei due aspetti, che però si proiettano nell’Infinitudine del Principium.


2. Difetti” e/o “limiti” dell’opera di Auriti. 


L’opera di Auriti non è “perfetta“, perché “l’autore perfetto” non esiste: trattasi d’una chimera. Non è nemmeno una sorta di revisionismo economico, nel quale tutte le giuste forme economiche (sociali) vengono rappresentate equamente, secondo la logica tutta esteriore della quantità di riferimenti. Vi sono limiti più evidenti, ed accuse infondate, dove per quest’ultimo termine, si deve intendere questo: problemi apparentemente non trattati esplicitamente, o volutamente semplificati, però che possono essere risolti all’interno dell’opera stessa, senza far riferimento a qualcosa d’esterno ad essa. Com’esempio di quest’ultimo caso è il problema  delle Banche Centrali. E’ fin troppo chiaro che la Banca d’Italia si definisce come Istituto di Diritto Pubblico… pur essendo – nei fatti – partecipata da Enti privati. Ma tale escamotage si rende necessario affinché non si indaghi veramente e sostanzialmente. In buona sostanza, le Banche centrali si fregiano dell’aggettivo “pubblico” proprio per non destare i sospetti del “pubblico”… Per quest’ultimo termine, Auriti intende la distorsione, la degenerescenza, della “Verità”, come si può anche intuire in moltissimi suoi interventi in diretta video, dove invece, da parte del grosso pubblico, viene privilegiato l’aspetto superficiale e non quello di fondo. Così magari egli usa con disinvoltura il verbo “prestare” in luogo dello “scontare”, eccetera. Pertanto, che Auriti tendesse  ad una Utopia è fuor di dubbio, che però non fosse in buona fede, come taluni detrattori sostengono, non corrisponde al vero. Anzitutto, la lezione auritiana incomincia la sua opera di disvelamento prima dell’avvento dell’Euro e del famigerato Tratttato di Maastricht, ragion per cui aveva ben ragione di affermare che la Banca Centrale (Banca d’Italia) “presta” soldi allo Stato, chiedendone anche gli interessi. Quindi, fin qui, non v’è alcuna confusione tra banche centrali e commerciali. In seguito, con l’entrata nell’euro, anche in seguito alle varie iniziative e proposte di Legge si messo il campanello alla coda del gatto….  Infatti, il 12 febbraio 1981, Beniamino Andreatta vergò la famigerata missiva che avrebbe portato nel luglio dello stesso anno al “divorzio” fra il Ministero del Tesoro e la Banca d’Italia... Il termine “divorzio” – si badi bene -  non l’ho usato io o qualche signoraggista. Questo termine, viceversa, viene usato dai politici e, soprattutto, dagli economisti per rendere bene quanto è accaduto al sistema di emissione. Quel matrimonio, in buona sostanza, metteva un freno all’usura bancaria, che limitava il potere di USURA. Di qui l’equivoco e i fraintendimenti… Successivamente, attraverso il disegno di Legge presentato al Senato l’undici gennaio 1995 con il n.1282 della XII Legislatura, il Prof. Auriti riuscì a mettere tutto nero su bianco. L’ELITE BANCARIA, INTUENDONE l’ESTREMA PERICOLOSITA’ STABILI’, A DIFFERENZA DELLA FED, CHE LA BCE NON POTESSE PRESTARE SOLDI AGLI STATI DELLA UNIONE EUROPEA, NEMMENO come  PRESTATORE DI ULTIMA ISTANZA.   Una RESTRIZIONE voluta al fine di CHIUDERE tutte le PORTE  ad ogni futura obiezione, la qual cosa si è PUNTUALMENTE VERIFICATA attraverso le risposte stizzite del Commissario Europeo agli Affari Economici, Olli Rehn, prima all’On. Mario Borghezio e, dopo,. ad un’interrogazione dell’euro parlamentare Marco Scurria, sulla natura giuridica dell’euro.

Per quanto riguarda il linguaggio cordiale usato nelle sue famose trasmissioni televisive, registrate nella televisione privata abruzzese (telemax) ciò lo si spiega facilmente: le sue puntate erano rivolta ad un pubblico più vasto e nient’affatto specializzato. Difatti i suoi interlocutori preferiti erano composti da gente semplice: artigiani, operai, contadini, popolani. Quindi, il suo, era solo un espediente per farsi capire, rettificato altrove, come s’è visto.
D’altro canto, con la confusione che regna oggi tra banche d’affari, banche commerciali, istituti di credito ecc. la sua “semplificazione”  appare, oggi, a quanti non sono in malafede, quanto meno opportuna.

Sull’altra questione, quella dei limiti effettivi, che non si risolvono all’interno dell’opera, delle sovraccentuazioni sbagliate, vi è la questione del rapporto fra moneta come valore creditizio e moneta come valore indotto, all’interno dell’opera di Auriti. Sul valore indotto sarebbe giusto scrivere un articolo apposito, onde analizzare (prima) ed esplicare (poi) cosa intendeva veramente il compianto professore. In estrema sisntesi possiamo asserire chè lì risiede il “quid”, il nocciolo della sua teoria “metaeconomica”, che è prettamente filosofica e,soprattutto, METAFISICA.
Per quanto concerne poi la critica al fascismo, che tanto dispiacere ha dato, dove talvolta Auriti critica Mussolini per essere stato succube dell’oligarchia bancaria, in particolare attraverso il raggiungimento della famigerata “quota novanta”; la qual cosa avrebbe fatto (secondo il suo mentore Alberto De Stefani) perdere la guerra all’Italia.  In realtà le cause profonde sono da ricercarsi altrove e, comunque, non solo in quella direzione. La non ben chiara e netta distinzione fra la meritoria opera sociale del fascismo e il resto; il fatto – nient’affatto secondario – che il fascismo si trovò ad operare in una situazione notevolmente sfavorevole (ricordiamo, solo per inciso, che il gabinetto economico italiano dell’epoca era fermamente sorvegliato da “solerti gendarmi in grembiule”) è un “difetto”, cioè un limite, reale. Poi anche, il fatto, nient’affatto secondario che Mussolini fu oggetto di “malia” di alcuni ed anche, che egli stesso, per via del suo Ego fosse stato preda di queste malie.. 
Per mezzo di tale porta tutti i “sovvertitori” dell’opera di Auriti, appartenenti allo scientismo positivista”, son passati ed entrati per commettere i loro misfatti: qui è la porta lasciata sguarnita.  In realtà tutta la questione della degenerescenza interna è dovuta al Kali-Yuga! Pertanto, Auriti, poiché appartenne al Cattolicesimo Tradizionale (e non al nazifascismo come qualche pazzo in rete afferma chiaramente), si deve accodare alla “Crociata all’inverso”. Ogni “dunque” rappresenta un paralogismo, una deduzione forzata, non presente né nelle premesse, nemmeno nell’opera di Auriti. Ciò che conta è il contenuto anti-moderno dell’opera di Auriti, i suoi precisi riferimenti storici all’inizio della sovversione (la nascita della BoE, la Rivoluzione francese, ecc.) e quei pochi passi dedicati alla Dottrina sociale della Chiesa; il resto va interpretato in funzione di ciò. Stop.

Si è più volte condannata la dis-visione, ma torniamo al punto interno all’opera, alla “porta aperta” che occorre assolutamente richiudere, per la salvezza dell’opera stessa dal venefico abbraccio (da boa constrictor) di certo tradizionalismo deviato. Il punto è questo: che Il cattolicesimo tradizionale abbia una sua valenza rispetto al Cattolicesimo conciliare moderno è fuori questione (ricordiamo che Auriti privilegia il cattolicesimo tradizionale sull’Occidente tradizionale (inficiato dal giudaismo), parliamo di quest’ultimo), è vero (anche se occorrerebbe fare il confronto tra la civiltà occidentale tradizionale ed ognuna delle più civiltà che compongono “Il cattolicesimo romano storico” del Kali-Yuga ed allora vedremo che, pur rimanendo una certa minorità, il confronto sarebbe meno negativo per l’Occidente tradizionale). Ma un conto è dire: nel Cattolicesimo integrale ci son più ghiacciai, più montagne, quindi la neve vi si accumula di più, mentre quello conciliare, più “marino”, più “mare”, meno “terra e montagna”, ha meno montagne, meno neve accumulata e meno ghiacciai, e questo è vero. Dedurre da ciò che la neve nel cattolicesimo conciliare sia “meno neve” di quella presente nel cattolicesimo integrale, è un paralogismo, un “dunque”, per l’appunto. , è vero, Nel cattolicesimo conciliare la “neve ed i ghiacciai” son sempre stati di meno, a causa della conformazione della terra e del clima, epperò sempre neve era, si tratta della stessa ed identica neve! Mettere a confronto Dante con un qualsiasi rappresentante comune della religione islamica è una bestemmia, ma lo stesso Aristotele era superiore; ciò non toglie che la “tenuta tradizionale” dell’Occidente tradizionale era molto minore di quella dell’Oriente. Bisogna distinguere i due piani del discorso, e non confonderli, come invece talvolta Auriti ha fatto. Occorre richiudere tale porta.

Questa “sovraccentuazione” dell’aspetto puramente materiale della sua teoria monetaria ha provocato le vibranti reazioni dei cosiddetti “debunkers”, capeggiati da un tale Le fou, che ha avuto gioco facile nel dimostrare alcune incongruenze logiche ed altre deficienze giuridiche.. Lo stuolo di polemiche inutili che tale dibattito si è portato appresso ha, per questo preciso motivo, indotto molti studiosi auritiani ad abbandonare il maestro, con un pericoloso effetto domino. Alcuni, però, nonostante tutto, continuano a diffondere il verbo del maestro, senza particolari originalità. Altri, invece, modificandone, a piacere, taluni aspetti, cercando di renderli più aderenti alla realtà, senza però riuscirci effettivamente. Anche qui, come accadeva sovente, le osservazioni di Pier Luigi son giuste, ma la cura che ha proposto è peggio del male. Tale sovraccentuazione dell’eccellenza del monetarismo è sbagliata, e porta ad illusioni gravi sulla “tenuta” di quella civiltà europea che egli egli stesso, strenuamente cerca di dinfendere. Di qui la “sorpresa” degli economisti “tradizionalisti” rispetto al declino attuale, ch’è cosa verissima e che tutti possono constatare. Ma tale critica non può esser fatta in nome del “equa distribuzione delle risorse”, che sostiene l’eccellenza del sistema occidentale perché “più veritiero”, e quindi la necessità, per l’Occidente, di liberarsi della religione cattolica, “materna”, per tornare alle tradizioni autoctone, guerriere, pagane ed espansive: non v’è nulla di più falso, con questo Borghezio si è posto davvero fuori dalla Traditio, per il semplice fatto che non si può “resuscitare” una forma tradizionale di millenni fa, salvo fare come il Rinascimento, che però ha evocato un fantasma. O un larva, che ha “posseduto” l’Occidente da allora in poi. Infestazioni psichiche, come anche lo fu l’hitlerismo neopaganista. Hitler “Illuminò il buio”, attraverso la sua coraggiosa politica sociale e monetaria. Ma fu “aiutato” da forze aliene, su cui, adesso, non intendo soffermarmi.

3. La crisi del “Auritiismo. Si è più volte ricordato che la visione di Auriti sboccia e sbocca, sfocia nell’èschaton. E’ di tipo “escatologico“: per lui il “Regno dell’Anticristo”, o “Grande Parodia” (Guénon), è lo sfociare necessario delle premesse contenute occultamente nel mondo moderno sin dal suo manifestarsi praticamente (Rivoluzione Francese), premesse però divenute da occulte, palesi, per quella legge della manifestazione ricordata più volte. Lo scacco subito dall “Auritiismo” è questo: essere stati incapaci di “convincere” non tanto le “autorità” dei vari governi ma le “élites” politiche di questo quadro. Alla crisi generata dalla modernità, le “risposte” (si fa per dire tali, perché non rispondono, son solo “utilitarismo“) delle religioni si son divise in due gruppi: quello maggioritario che, in un modo o in un altro, con la scusa dell’”adattamento”, ha di fatto aperto le porte alla “modernizzazione” della religione; l’altro, il minoritario, che invece ha riaccentuato certe basi della religione, ed essendo delle nullità a livello metafisico, il tutto si è concentrato sul rigorismo scientifico o legalistico, prestando così il fianco ai detrattori della religione in generale e del Cattolicesimo in particolare. Il Protestantesimo, l’unica produzione religiosa dell’epoca moderna, si è dimostrato l’apripista, perché in sé ha contenute ambedue le risposte. La creazione della Banca d’Inghilterra ne è la rappresentazione palese. Quel che vediamo è, dunque, la “protestantizzazione” delle religioni, di tutte. In altre parole, il moderno, entrando nel campo religioso, genera questa scissione.

Dal punto di vista dell’opera di Auriti son false ambedue le apparenti alternative. Perché? Perché il problema è tutt’altro: da un lato, la modernità si presenta in alternativa alla Tradizione, qualsiasi sia la forma di essa, dall’altro, densificando nel Regno dell’Anticristo, si avrà una forma in competizione a tutte le altre. Pertanto, mentre la sfida che gli era portata era universale e globale, le “risposte” (fasullissime) erano particolari e specifiche, quindi assolutamente insufficienti a rispondere alla sfida posta in essere. Di qui la crisi esiziale, irrisolvibile. Tale sfida globale, per avere un senso, si deve necessariamente porre in una visuale escatologica, pertanto l’opera di Auriti rivela la sua coerenza di fondo, nonostante smagliature e limiti qua e là evidenti. Convincere della globalità dell’attacco e della sfida implica necessariamente la visuale escatologica, nell’opera di Auriti (da un altro punto di vista non necessariamente, ma bisogna uscir fuori dall’ottica che caratterizza l’opera di Auriti).

L”Auritiismo” non è riuscito a convincere di ciò, perché ha separato il tentativo di convincimento della globalità ed universalità della sfida, operata dalla modernità, dalla visuale escatologica, che invece si trova necessariamente, oltre che del tutto coerentemente, collegata al primo punto nell’opera di Auriti: per questo ha fallito. Ha fallito anche praticamente perchè, non poteva, nello stato di cose attuale far passare l’idea (di per sè nobilissima) che la moneta venga data “senza corrispettivo”.  Il fallimento, però, ha portato alla crisi del “Auritiismo” stesso, cioè paragonabile al fascismo uscito sconfitto dalla Seconda Guerra Mondiale. Si è allora molto naturalmente giunti alla divisione interna secondo le “appartenenze”… tutte però, finitime a se stesse.
Il problema che si pone ora è, allora: che cosa fare, oggi? E gli scritti presentati da me s’inquadrano in una tal situazione. Che cosa fare, oggi? Come continuare, ammesso e non concesso che sia possibile?

Conclusioni



Nessuno può negare che vi sia stata un'impasse, nella "Proprietà popolare della moneta", e che occorra superarla. Auriti ha sempre detto e ripetuto tante volte che il suo non fosse un vero e proprio "sistema", ma piuttosto un'applicazione pratica della "Dottrina Sociale della Chiesa" che, non avendone gli strumenti (e la volontà) si è teso a traformarlo, ad irrigidirne le posizioni, dimenticando il quadro generale di riferimento.
Dal "sistematicismo" al "settarismo" il passo non è lungo.

La "cura" può essere una ed una sola: porre l'accento sull'aspetto spirituale, dell'opera di Auriti, porre l'accento sul quadro generale ivi contenuto, tralasciando inevitabili imperfezioni. L'autore "perfetto" è una chimera: non esiste. Occorre poi unire tutto ciò con l'analisi, senza "peli sulla lingua", della situazione attuale.
Se ciò sia fatto, allora davvero diventa possibile superare l'impasse.
Certo, l'analisi che ne vien fuori è terribile, ad una situazione davvero difficile, ma questo deve servire a rafforzare la fede, non ad indebolirla.
Pure questo non è affatto facile. Ma la realtà è che nessun paese del mondo è immune, nessuna forma di giustizia lo è. Il che ci riporta alla "via della mano sinistra"... Via che stanno seguando gli orientali...la Cina in primis. Uno, fra i molti, argomenti di polemica del vecchio Blog, fu anche questo: se la controiniziazione si debba equiparare puramente e semplicemente alla via della "mano sinistra" o non. La retta risposta è che, sebbene vi sia, di fatto, una vicinanza tra le due, sebbene una delle fonti più forti della controiniziazione stessa sia, senza dubbio, la via della "man sinistra", tuttavia le due cose non si equiparano puramente e semplicemente. E' piuttosto vero che la controiniziazione, pur nonessendo nata dalla "mano sinsitra", se n'è alimentata e se ne alimenta, per le caratteristiche di "pericolosità" e "scivolosità" della via della mano sinistra stessa. Ricordo che il principale fautore del "risanamento" germanico fu un tal Hjalmar Schacht, economista di origini ebraiche.
Non so se qualcuno ha da dire qualcosa sull'orientazione di tale "riforma", qui proposta, per "continuare" l'opera di Auriti, in tutt'altro contesto, chiaro, e quindi non si parla di continuazione "formale". Qualsiasi contributo è ben accetto.
 

© ♚Pierre

3 commenti:

  1. Sono rimasto favorevolmente impressionato dalla dotta dialettica impressa nello scritto. Non avevo mai letto di "Metaeconomia". La cosa è di notevole interesse.

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  2. Io invece mi rifiuto di credere alle fumoserie "metaeconomiche" di cui parli... occorre invece essere circostanziati e soprattutto scientifici, facendo a meno di arrampicarsi sugli specchi.

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  3. E quali sarebbero invece le tue risposte circostanziate e scientifiche?

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