martedì 16 ottobre 2012

Destra Sociale e poteri forti


Ancora oggi, molti, soprattutto a sinistra, nel criticare la cosiddetta “destra sociale”, usano la logora equazione Destra = poteri forti, facendo balenare l’immagine di una similitudine che nei fatti non esiste, almeno per quanto riguarda la cosiddetta destra sociale.  Altri, invece, seguendo questa scia,  evidenziano un’aporia lessicale fra il termine "destra" e l'aggettivo "sociale".

Inoltre alcuni sedicenti "fascisti", "duri e puri" prendono giustamente le distanze dalla "destra", poiché il fascismo sta  di là  dalla destra e dalla sinistra. In realtà, per andare a fondo del problema occorre prendere in considerazione non solo cosa accadde con la Rivoluzione Francese, ma anche analizzare la situazione antecedente, quella vigente durante l'Ancien Régime...
La sinistra ha sempre utilizzato questa immagine evidenziando, altresì, la dicotomia esistente fra Destra e società ed anche fra Destra e senso sociale, assimilando in tutto e per tutto la Destra al potere costituito ed anche ai cosiddetti poteri forti. Ebbene: niente di tutto questo è vero, soprattutto per quanto riguarda i poteri forti.  Eppure, dopo la fine della seconda guerra mondiale, la destra sociale si è sempre caratterizzata per essere contro il Sistema e non certo a favore. Ma tant'è...

La Bufera di Tangentopoli e il Panfilo Britannia.

Correva l'anno 1992 e, come un fulmine al ciel sereno, un'intera classe politica veniva falciata da una raffica di indagini giudiziarie. Queste indagini culminarono con la nascita dell'era da tutti conosciuta come  "Tangentopoli".  Che i politici fossero corrotti lo sapevano tutti, magistrati compresi, ma il sistema sembrava essersi consolidato in una prassi assolutoria in parte giustificata anche dalla guerra fredda. Intanto, mentre gli Italiani erano artatamente distratti dal continuo susseguirsi di notizie, immagini di arresti, processi e interrogatori, il 2 giugno, a bordo del panfilo Britannia, si erano dati convegno alcuni importanti finanzieri appartenenti all'élite di potere anglo-americana. A quella riunione, naturalmente parteciparono anche diversi uomini di stato italiani fra cui Mario Draghi, allora direttore delegato del ministero del Tesoro, Beniamino Andreatta, dirigente dell'Eni e Riccardo Gall, dirigente dell'IRI. Costoro - segretamente - decisero la spartizione e la privatizzazione di moltissime aziende italiane.
Il messaggio del FMI fu chiaro: occorreva privatizzare. La famigerata agenzia di rating, Standard & Poor's si mise subito all'opera e declassò il debito sovrano italiano.
Il compito del sicario fu attribuito a George Soros, il quale, attraverso informazioni segretissime ricevute da emissari della famiglia Rothschild, riuscì a mettere in ginocchio la nostra moneta nazionale, provocando di conseguenza il crollo dei pacchetti azionari di molte aziende italiane. E' infatti dimostrato che vi erano legami profondi fra il famigerato "quantum fund" e i Rothschild.  All'uopo indagarono le procure di Roma e di Napoli ma senza alcun successo.  Soros venne indagato per agiotaggio e insider trading, avendo utilizzato informazioni riservate  che gli permettevano di fare il "bello e il cattivo tempo", il tutto con estrema disinvoltura, anticipando movimenti sui titoli azionari e sui cambi di valori delle monete. La Lira perse così il 30% del suo valore. In poco tempo le reti delle Banca Rothschild misero le mani persino sull'ENI.
Nello stesso mese si insediò un nuovo governo con al capo Giuliano Amato, E fu proprio costui che iniziò subito a  mettersi al servizio  dei padroni di Wall Street e, in particolare, di alcune importanti banche d'affari (Merrill Lynch, Goldman Sachs, Salomon Brothers). Infatti, la prima cosa che fece Amato fu quella di trasformare alcuni enti statali in S.p.A., in modo tale che potessero in seguito essere controllate e rilevate dall'esterno. A fine Luglio venne abolita pure la scala mobile. A metà settembre l'Italia uscì dal Serpente Monetario Europeo. Il neo presidente del Consiglio varò una manovra lacrime e sangue da 100,000 miliardi di vecchie Lire. Inoltre furono ristrette moltissime garanzie e conquiste sociali: 

  • blocco dei pensionamenti;
  • blocco degli stipendi e delle assunzioni nel pubblico impiego; 
  • aumento dell'anzianità contributiva, innalzamento dell'età pensionabile; 
  • minimum tax, introduzione del ticket sanitario sui farmaci;
  • Imposta Comunale sugli Immobili, patrimoniale sulle imprese, prelievo fiscale sui Conti correnti bancari. 
Insomma tutta una serie di provvedimenti che metteranno in ginocchio l'Italia. Il “Bel Paese, dunque, dopo l'attacco speculativo portato a compimento da George Soros, aveva messo al primo posto della sua agenda politica i punti che più interessavano l'alta finanza internazionale.
I complici poco noti del complotto nato sul panfilo "Britannia" furono: il Ministro del Tesoro, Piero Barucci, il direttore pro-tempore di Bankitalia, Lamberto Dini e il governatore della medesima, Carlo Azeglio Ciampi. Giuliano Amato da buon "socialista" convertito dall'alta Finanza alle politiche monetariste, convinse i sindacati della necessità di un accordo salariale al ribasso, assolutamente sfavorevole per i lavoratori, con il pretesto della necessità di rimanere nello S.M.E., ben sapendo che l'Italia, a causa dell'imminente speculazione monetaria, ne sarebbe subito uscita.  Una manovra di basso rango che la dice lunga sulla "autorevolezza" del personaggio. Gli attacchi destabilizzanti alla nostra economia continuarono anche con la fine dei governi tecnici.   Antonio Fazio ebbe a dichiarare che nulla poteva essere fatto contro le speculazioni internazionali. Questo smantellamento pianificato a tavolino non nasce nella mente di alcuni complottisti (come ancor'oggi la stampa prezzolata continua ad affermare). Questo fu l'inizio d'una dismissione pianificata nei minimi particolari delle grandi aziende di Stato a beneficio esclusivo della grande finanza internazionale. L'agenzia di Stampa EIR (Executive Intelligence Review) denunciò pubblicamente questa squallida operazione già alla fine del 1992.
Nel maggio dello stesso anno veniva ucciso 'insieme alla moglie e alla scorta ' il magistrato Giovanni Falcone. In questa strage la mafia agì in nome e per conto dello Stato parallelo,  dietro la supervisione del Sisde (il servizio segreto civile) La medesima sorte toccherà qualche mese più tardi anche al giudice Paolo BorsellinoCosa avevano scoperto di tanto grave i due giudici Falcone e Borsellino? Altro che Cosa Nostra. Lo Stato italiano era (ed è) la quintessenza della mafia.  

Con la discesa in campo di Silvio Berlusconi le cose presero una piega diversa, per vari motivi.  Del resto nemmeno gli alleati del Cavaliere erano reputati "affidabili".


“La sinistra ha avuto sempre un profondo senso dello stato, a differenza del Polo…” 

 Questa  lapidaria affermazione di Cesare Romiti, allora Presidente del gruppo Fiat, la dice lunga su quanta affinità vi fosse tra il più grande gruppo industriale italiano e la cosiddetta "destra sociale". Inoltre è palese l’ostilità dei gruppi Agnelli De Benedetti nei confronti di Berlusconi, da loro considerato come un fastidioso outsider. Più volte lo stesso ing. Agnelli  dichiarò di non avere nulla a che spartire con la defunta An ed il suo programma politico economico. Diverso ragionamento deve invece farsi per Prodi, D’Alema e tutto il centrosinistra, che invece sono stati sempre accolti a braccia aperte dai poteri forti, dimostrandosi nei fatti molto più “affidabili” dei loro colleghi a destra.
Dopo le famigerate elezioni del 27 marzo 1994, nel Polo delle libertà nessuno era convinto che dovesse finire in quel modo. Vi fu un grosso errore di valutazione nel reputare il sostegno dei poteri forti alla "gioiosa macchina da guerra" occhettiana una mera scelta tattica. Lo stesso Cavaliere di Arcore pensava che tale appoggio fosse dettato dal timore sorto dal vuoto politico ingenerato da Tangentopoli. Del resto non è affatto un caso se, da quella "bufera" mediatico-giudiziaria, lasciò indenne proprio il PCI-PDS, e persino il braccio destro di Craxi (che invece fece da capro espiatorio). Da questo clamoroso "epic fail" è derivata tutta una serie di scelte attuate nella prima e breve esperienza di governo berlusconiano.
In pratica si trattava di decidere se sciogliere o meno i nodi della normativa antitrust e di un conseguente quadro legislativo finalizzato ad evitare un  ulteriore concentramento di potere finanziario, economico ed industriale, attraverso le mefitiche procedure di privatizzazione delle aziende strategiche statali.
Ricordiamo però che tale situazione non è mutata nemmeno con l'avvicendarsi al governo delle forze di centro-destra.
Su questa vicenda il governo Berlusconi non decise alcunché, lasciandosi chiudere in un angolo, fino alla celebrazione dei referendum sull'antitrust...proprio da quei poteri forti.
Fu proprio su questo argomento che il Polo fu battuto subendo l'attacco dei poteri forti, reiterando il nefasto decreto Ciampi sulle privatizzazioni che aveva consentito  a MedioBanca di impadronnirsi della Comity e di Credito Popolare.
Del resto le centrali finanziari ed industriali che avevano beneficiato del vecchio sistema partitico-clientelare si opposero strenuamente al testo alternativo di legge proposto da Rasi ed Armani, c he oltre a porre dei paletti ai grandi grupi industriali a priva le porte alla presenza dei dipendenti azionisti nei consigli di amministrazione e al mantenimento, nei ssettori strategici, di una "golden share" del Ministero del tesoro con poteri effettivi di indirizzo e di controllo. Per non parlare di alcune sortite di Publio Fiori e Maurizio Gasparri contro le operazioni di ingegneria finanziaria promosse da Mediobanca culminate n di super eghmina ed approvate senza batter ciglio dal governo Dini.
Il ruolo che esercitarono i mass-media in tali circostanze fu importantissimi e non di meno le inchieste giudiziare a carico dell'ex presidente del consiglio. 
© ♚Pierre

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