sabato 31 maggio 2014

mercoledì 28 maggio 2014

La politica odierna nel flusso caotico della realtà

Franz Sedlacek Werk und leben (1891-1945) 1

Interrompo momentaneamente la stesura della seconda parte del post sul Tramonto dell'Occidente per fare il punto della situazione, prescindendo dai soliti discorsi triti e ritriti, ripensando il tutto in altra chiave... l'ambizione è quella di portare il discorso altrove, uscendo dagli angusti ambiti della politica politicante, per approdare nel porto della Metapolitica. Occorre dunque dedicare una riflessione profonda su tutto il dominio della conoscenza e del sapere.
   
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Durante questi anni  ho annotato - col rischio di ripetermi e apparire noioso - come possa essere difficile il solo pensare la politica. E, nello specifico, faccio osservare che la “politica” attuale non è frutto del caso. Si segue pur sempre un percorso, forse meno ortodosso e più aperto a varie possibilità, che si traducono, all'atto pratico, in una serie di mosse e contromosse, in una sorta di avvicendamento probabilistico. Chi segue tale strategia è fortemente persuaso di poter riprodurre la realtà, sia pure solo per punti, seguendo uno schema, per poi fissarne la trama. Crede d’essere capace d’attribuire ai punti nodali di tale trama una posizione se non  precisa, almeno abbastanza affidabile; facendo finta di seguire le elucubrazioni di quei politologi molto in voga, ma evitando di meditare a fondo come farebbe un vero sapiente. Costoro a sproposito citano l’indeterminazione della teoria quantistica, secondo cui l’osservatore influisce sull’oggetto osservato appunto osservandolo. Un'osservazione giusta nella sua essenzialità, ma che però non si ha la capacità di metterla in pratica.
Gli uomini hanno - per troppo tempo - avuto la presunzione (illudendosi) d’essere gli unici artefici del proprio destino, ragion per cui, se ad un certo punto si presentano eventi inattesi, non previsti, diventano superstiziosi, fanno appello al caso e persino alla sfortuna, cercando ogni appiglio per cercare di dare una risposta al loro smarrimento.  Si richiamano, cioè, a qualunque cosa possa scagionarli, anche se ciò veste i panni della logica-raziocinante. Essi sono invece artefici di un ben altro procedimento... E' un procedimento "occulto", che non è dato conoscere ai "più".
La “realtà” è da pensarsi (solo da pensarsi senza pretesa di attingerla nella sua “verità”) quale flusso informe, caotico, squilibrante. Non possiamo muoverci in essa, seguendo le norme precise della razionalità... sarebbe fin troppo facile! Dobbiamo invece saperci immergere "consapevolmente" in questo flusso attraverso  una superiore  “intuizione”, un'intuizione che gli antichi avrebbero chiamato "super-individuale".  Per questo, una volta, i saggi si ritiravano negli eremi a meditare... abbandonando gli altri esseri umani inconsapevoli che disturbavano la loro meditazione.
Oggi, viceversa, assai più prosaicamente, la nostra mente fissa dei campi di stabilità,  in modo tale da potersi muovere come se si dovesse seguire una mappa. Costruiamo la loro dinamica di mutamento attraverso un procedimento cinematico, ossia, in parole povere, come avviene nei film. Una serie di fotogrammi sempre più ravvicinati fra loro fanno si che dalle immagini statiche si arrivi a quelle in movimento. Oggi poi, con le tecniche sofisticate digitali si arriva ad una definizione fantascientifica! Il tutto ci fa sentire dei padri eterni, delle persone di altissimo livello, consapevoli ed informate.  Ecco perché, poi, si corre ad acquistare l'apparecchio  di ultimissima generazione,  quello che, per intenderci, è sempre più dotato di “esatta riproduzione della realtà” per punti, per pixel! Questa sarebbe la realtà: i rapporti tra i punti e le parti da essi configurate vengono riprodotti in formule, grafici, ecc. E noi siamo contenti, fieri di tanto sviluppo,  il futuro ci appare ormai chiaro, senza misteri.
Poi, appena accade qualcosa di imprevisto, entriamo in una fase angosciosa e ci facciamo prendere dal panico. Appunto: o siamo puniti per i nostri gravi peccati, oppure sorge il sospetto che qualcosa sia sfuggito alla riproduzione di quella “realtà”. Magari si pensa di migliorare ulteriormente la “fotografia”; e per quanto riguarda la  dinamica evolutiva, ci si sforza di rilevare i punti successivi (di quella che è in effetti una cinematica) eliminando il più possibile gli spazi (e i tempi) vuoti tra l’uno e l’altro. Alla fine pensiamo di poterci rilassare; tutto andrà bene. Eppure continuano a prodursi eventi “strani”, assolutamente inattesi. Perché?
Fin quando, nella successione degli eventi in una determinata fase storica, agisce una forza decisamente prevalente (ad es. una potenza predominante in quel contesto spaziale), si ha l’impressione che l’evoluzione di una data formazione sociale sia abbastanza (mai completamente) determinata dall’agire di quel “soggetto”, il quale fissa sempre i suoi campi di stabilità per agire, ma sembra in effetti che questi corrispondano alla “realtà” di quell’epoca storica. Ad un certo punto, si notano discrepanze,  eventi “fortuiti”; osservando meglio la situazione, si vede che stanno emergendo altre forze, con altri campi di stabilità e altre azioni, altre sequenze di mosse, onde muoversi in quello stesso contesto. E malgrado si cianci della necessità di collaborare tutti insieme, sempre più si verificano situazioni in cui ci si deve guardare in cagnesco: la sensazione di ogni “soggetto” è che qualcun altro stia barando, voglia raggirarci per poi meglio annientarci! Ogni “soggetto” (ogni nuova forza in crescita) la pensa così.
In realtà, l’emergere di più forze ha soltanto posto in chiara evidenza, e lo andrà ormai ponendo sempre più in luce, che il campo (o i vari campi) di stabilità – fissato(i) mediante teorie via via più “raffinate” in strumentazione analitica impiegata e perfino supportate da accurate “ricerche (statistiche) sul campo” – ha presunto di immobilizzare il continuo flusso squilibrante, disordinato, che è in realtà irriproducibile tramite il pensiero detto logico (che sia deterministico o probabilistico non ha alcuna importanza). E’ questo flusso a mettere infine in crisi i campi di stabilità dei vari “soggetti”, la cui unica funzione, quando vanno moltiplicandosi, è quella di far risaltare che il flusso in questione non si acquieterà mai. E saremo sempre costretti, di periodo in periodo, di fase in fase, di epoca in epoca, ad attraversare quelle che avvertiamo sovente come tragedie.
Tuttavia, non vogliamo accettare questa “realtà”, vogliamo pensare che essa sia frutto delle nostre azioni. Alcuni credono che basterebbe cooperare o addirittura volersi bene, riscoprire l’“umanità” dei buoni sentimenti; realmente esistenti, sia chiaro, giacché non sono sempre ipocrisia e finzione di “soggetti” malintenzionati. Tuttavia, fanno quasi più danni gli “amorevoli” in buona fede degli altri, perché sono i più tetragoni e testardi nel non voler riconoscere che “qualcosa” deteriora oggettivamente i rapporti tra individui e gruppi sociali e spinge necessariamente a dover affrontare un conflitto talvolta assai drammatico ma non per questo evitabile. Gli ipocriti non capiscono da dove derivi il deteriorarsi dei presunti “equilibri”: non hanno consapevolezza del flusso squilibrante e informe, pensano ancora alla possibilità di stabilizzare dei campi attraverso il rafforzamento loro e l’indebolimento dell’avversario (trattato a volte da cooperante o alleato soltanto per raggirarlo e/o sottometterlo). Quelli in buona fede semplicemente non capiscono più nulla, continuano a credere all’esistenza del vecchio campo di stabilità con il suo equilibrio ormai sballato da un pezzo; e provocano così ritardi con guasti inenarrabili e accentuano i peggiori aspetti della tragedia quando essa arriva.
Ci sono però anche altri “soggetti” che inseguono scopi diversi, che afferrano in parte l’inevitabilità del conflitto. Tuttavia, anch’essi non hanno consapevolezza del flusso squilibrante che sempre ci porrà alla fine – coadiuvato dalla formazione di più campi di stabilità formulati da forze contrastanti – in conflitto insanabile. Costoro sono invece convinti che il conflitto dipenda esclusivamente dal fatto che un gruppo sociale (minoritario) ha preso la predominanza nella società e schiaccia la maggioranza; quando questa si ribellerà, si potrà giungere alla pace e alla risoluzione di tutti problemi.. La rivoluzione francese fallì e non si conseguì la  “liberté, égalité, fraternité”. Tuttavia essa produsse cambiamenti storici che poi si riverseranno nei secoli a venire. Lo stesso dicasi per la la “Dittatura del proletariato”, contro coloro che si sono impossessati del controllo dei mezzi di produzione, sempre si pensa di riuscire a dare infine vita alla società degli eguali privi di contrasti fondamentali fra loro. E invece, al termine della rivoluzione francese, come di quella sovietica, ci si è trovati con nuovi gruppi dominanti. Nell’Urss perdurò, anche dopo la seconda guerra mondiale, la “falsa coscienza” di essere sulla via giusta, ossia di star perseguendo il sol dell’avvenire; si continuò a credere (illudendosi) che la via maestra fosse quella della statalizzazione dei mezzi di produzione, attraverso la pianificazione centralizzata da parte dello Stato, che non fu comunista, ma assolutista, spacciando una menzogna colossale secondo cui vi fosse lo “Stato di tutto il popolo”. Fallita miseramente questa  esperienza si cerco di ripiegare sul cosiddetto “socialismo di mercato” che rappresentò – a tutti gli effetti -  un vero è proprio ossimoro. Gli ultimi furono i cinesi. Ma anche loro, se ne stanno allontanando. C’è chi grida allora al tradimento degli ideali rivoluzionari, chi inveisce contro una maligna natura umana, chi insiste nel credere che il nuovo gruppo dominante sia solo un’avanguardia in grado di portare tutti all’eguaglianza tramite adeguato sviluppo; e altre illusioni che nemmeno elenco tanto sono numerose e piene di sfaccettature diverse.
I delusi dell’esperienza comunista, però, non si rassegnano e, benché numericamente ininfluenti continuano a predicare il “verbo” degli “antichi padri”, quasi si trattasse di una religione. E, proseguendo su questo cammino, vediamo teorie scientifiche ridotte a immutabili principi dottrinali, predicati da preti in camicia rossa, facenti parte di gruppuscoli in continua scissione fra loro, per questo sempre più rissosi e rancorosi, diventando, perciò inconsapevoli sacerdoti di  autentiche religioni ateistiche, prive di un‘entità sovrannaturale, ma non per questo meno rigide e  profondamente settarie.
D’altra parte, i dominanti, nell’atto di esercitare il loro dominio, si rivelano assai arguti ed oltremodo agili, al contrario di questi inutili sacerdoti, ormai ossificati nelle loro stanche ed inutili liturgie.
Il gruppo detto dominante è semplicemente quello che andrà formulando un nuovo campo disabilità, temporaneamente adeguato dopo il tracollo del vecchio; e dunque fisserà una pausa, un “attimo di respiro non affannoso” ad esseri umani immersi nel flusso squilibrante, che prima o poi logorerà anche “quella novità”. Intanto, però, una pausa ci vuole, non si può agire senza un campo di stabilità. Ecco perché al “giacobinismo” – il momento più emozionante e teso del rivoluzionamento del vecchio campo di stabilità, in cui fioriscono comunque alti ideali e idee nuove, ecc. – segue il “termidoro”, che cerca di stabilizzare nuovamente il campo. Sembra si torni indietro, ma alla fine, pur nello spegnimento degli entusiasmi e nel venire a galla degli ipocriti e mentitori, si stabilizza nei fatti un nuovo (solo apparente) equilibrio.
Purtroppo le cose non vanno in questo modo, ma lo si crede e si ricomincia ad agire in un apparente campo disabilità, che comunque presenta chiare novità rispetto al precedente. E nulla esclude che tali nuovi caratteri possano essere ragionevolmente considerati migliori di quelli vecchi. L’importante è capire che il flusso continua a scorrere e prepara altre fasi, altre epoche. E il pensiero umano sarà sempre in ritardo nel cercare nuovi campi di stabilità quando i vecchi sono logori. Questa è la ristrettezza dei tempi odierni. Non sappiamo come pensare il nuovo. E, come la Coutume di Parigi aveva detto: "le mort saisit le vifson hoir plus proche et habile à suceéder"
© ♚Pierre

martedì 13 maggio 2014

Dies nefasti

Premessa

A distanza di quarant’anni dal mefitico referendum sul Divorzio occorre – al di là di ogni inutile trionfalismo e di ogni becera ricostruzione di parte – dire le cose così come stanno, pur inquadrandole in un’ottica che prescinda dalle solite tesi politicamente corrette.

Il Leader storico del Partito Radicale, Marco Pannella

Il divorzio  è arrivato così alla fatidica soglia degli “anta”… con poche critiche e molti elogi. La famigerata Legge Fortuna-Baslini (dal nome dei deputati Loris Fortuna, socialista, e Antonio Baslini liberale, primi firmatari delle proposte poi abbinate nel corso dell’iter parlamentare) non fu abrogata, così come avrebbe voluto Amintore Fanfani. Si erano espressi a favore dell’abrogazione: la Democrazia cristiana, il Movimento Sociale Italiano, il Südtiroler Volkspartei e il Partito democratico italiano di Unità Monarchica; contro: socialisti, comunisti, repubblicani, liberali e radicali.
Il referendum, fortemente osteggiato dalla stampa e dalla cultura “progressista” naufragò miseramente. Votò a favore dell’abrogazione della legge il 40,7 per cento dei votanti, mentre votò contro l’abrogazione del divorzio il 59,2 per cento degli elettori.
A nulla valse l’accorato appello di Paolo Vi ai fedeli
Alle urne si recarono oltre 33 milioni di persone (su 37) aventi diritto.  I “no” (19 milioni 138mila 300)si tradussero in una conferma della Legge approvata alla Camera il 1 dicembre del 1970.
Chi volesse leggere un commento sui dati che confermano, in modo inequivocabile, il  nesso diretto tra l’introduzione del divorzio legale e la degenerescenza dell’Istituto Matrimoniale, può andare sul sito de il Foglio e leggere l’articolo di Riccardo Volpi.   
In questo post, mi occuperò, invece degli aspetti reconditi ed occulti che tale legge comportò.
Anzitutto giova ricordare agli smemorati e agli uomini di poca fede cosa veramente rappresenta il matrimonio cristiano.

 

L’importanza dell’Istituto matrimoniale: la sua sacralità

L’istituto matrimoniale devesi considerare sotto un duplice aspetto: naturale  e sacramentale.
Cristo – Restauratore per antonomasia di tutte le cose che sono in cielo e terra ( Ef, I, 10) – elevò il matrimonio tra i battezzati, da semplice contratto naturale (e quindi governato soltanto dal diritto naturale), a Sacramento, fondendo in uno solo entrambi gli aspetti dell’Istituto, divenuti, perciò stesso inseparabili!
Il matrimonio tra cristiani, dunque, è uno dei SETTE SACRAMENTI; e dall’essere questo sacramento lo stesso negozio naturale elevato all’ordine sovrannaturale (si parla in tal caso di Contractus supernaturalis) discendono i seguenti principi:
  1. potere di regolare il matrimonio, di dichiarare e stabilire gli impedimenti, di decidere circa la sua validità, di stabilirne le conseguenze ( che non siano meramente civili,) dev’essere riconosciiuto  esclusivamente alla Chiesa, UNICA COMPETENTE, per DIRITTO DIVINO, circa la materie sacramentale;
  2. che esso matrimonio può essere posto in essere che mercè il consenso dei contraenti, che “nulla humana postetare suppleri valet". Il "mutuus consensus per verba de praesenti expressus" è dunque la "causa efficiens" del matrimonio : e “ministri” di questo sacramento non possono perciò ritenersi che gli stessi sposi, le cui volontà consensienti si dirigono appunto a porre in essere il contratto (animus contraentis obbligationis) , e implicitamente, lo stesso sacramento (intentio); mewntre il sacerdote non fa che assistere quale /testis pubblicus et testis qualificatus od testis ex oficio deputatus, raccogliendo in nome e per conto della Santa Romana Chiesa il consenso dei nubendi ed invocando, con la benedizione, la grazia su di essi.

Definizione del matrimonio

Nello stabilire la definizione del matrimonio è da tener sempre presente che il termine, benché abusato, non è univoco; poiché con il nome "matrimonio", si suole indicare sia l'atto giuridico in se stesso, che da origine alla società coniugale, sia il vincolo che da esso scaturisce e,  propriamente, la stessa società coniugale. come "status", posto in essere dal negozio matrimoniale.  Quando si afferma: "matrimonium facit partium consensus" e si studia la validità del matrimonio e quindi si parla di nullità del matrimonio medesimo, o si tratta degli impedimenti al matrimonio, ecc., il nome è inteso nel primo significato
quando si afferma "matrimonium esse societatem permanentem inter virum et mulierem ad filios procreandos" , che il matrimonio è indissolubile, o che induce questi  o questi altri obblighi  o diritti nei coniugi, o rispetto ai figli, ecc. il nome s'intende nel secondo senso.

V'è dunque, un matrimonio come atto transeunte, che i canonisti chiamano "in fieri" o "matrimonium active sumptum"; e un matrimonio come stato permanente, che si dice "in facto esse" o "matrimonium  passive sumptum". Ma il matrimonio inter baptizatos è sacramento sia "dum fit" sia " dum permanet postquam factum est". 
Il matrimonio può essere definito avendo riguardo all'uno o all'altro dei suoi due aspetti
Avendo riguardo soprattutto al matrimonio come atto, una definizione soddisfacente può essere questa
"Il matrimonio tra battezzati e il contratto-sacramento  che determina in piena e indissolubile unione tra un UOMO e una DONNA per la procreazione e l'educazione della prole e per il mutuo aiuto e perfezionamento".
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Ora, senza indulgere ancora nelle maglie della Legge Canonica, anche per non annoiare chi legge, si può subitamente capire che non di solo contratto si tratta...
Il matrimonio, per il suo carattere assai particolare, soprattutto in quanto Sacramento, è sottoposto a ulteriori speciali norme giuridiche, che si riferiscono sia alla sua confezione, sia alla sua vita, ossia ad altri rapporti che da esso necessariamente scaturiscono; i quali, a differenza di quelli nascenti da altri contratti di natura profana, sono, nella loro sostanzialità. indipendenti da ogni volontà dei soggetti contraenti.

Ritengo invece opportuno sottolineare il carattere rivoluzionario imposto dal Cristo nella questione dell'indissolubilità. Infatti se è ormai pacifica la figura del Matrimonio nel disegno divino, non appare altrettanto la sua indissolubilità che viene sancita solo dal Cristo che ha parlato per mezzo dei suoi apostoli.
Ogni uomo ( e ogni donna)  fa l'esperienza del male, attorno a sé e, soprattutto, dentro di sé. Questa esperienza si fa sentire anche nelle relazioni fra l'uomo e la donna. Da che mondo è mondo l'unione dell'uomo con la donna è stata minacciata dal disappunto, dalla prevaricazione, dall'infedeltà, dalla gelosia e da numerosi conflitti che possono insorgere durante la vita matrimoniale e indi portare alla rottura del sacro legame. Questo disordine può manifestarsi in modo più o meno acuto, e può essere più o meno superato, secondo le culture, le epoche, gli individui, ma sembra proprio avere un carattere universale. Certo, l'analisi che ne vien fuori è terribile, ma questo deve servire a rafforzare la fede, non ad indebolirla.
Quando ciò accade, allora davvero correre ai ripari. E solo con la FEDE diventa possibile superare l'impasse.
Pure questo non è affatto facile. Ma la realtà è che nessun uomo del mondo è immune, neppure quegli uomini di fede assai tradizionali. Il che ci riporta al "punto di partenza". Ed è qui che entra in campo il carattere assolutamente Stoico, anti-epicureo del Cristianesimo. Chi abbraccia una fede non può farlo solo a metà, privilegiando alcuni punti a discapito di altri. Vale sottolineane che, in questo ambito, fu proprio il Cristo a dare un carattere inderogabile all'unione matrimoniale.  Questo lo possiamo notare durante l'episodio delle nozze di Cana, dove, su richiesta di Maria, sua madre, il Cristo compie il suo primo segno... Inoltre, come se non bastasse, nella sua predicazione, Gesù ha insegnato, senza se e senza ma,  il senso originale dell'unione dell'uomo e della donna, ragion per cui il "permesso" conferito da Mosè, di ripudiare la propria moglie era una concessione motivata dalla durezza del cuore; una sorta di immaturità spirituale all'unione che, all'epoca veniva vista in senso del tutto materiale. Con la venuta del Cristo l'unione matrimoniale dell'uomo e della donna diventa indissolubile: Dio stesso l'ha conclusa: « Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi » (Mt  Oggi, purtroppo, in un periodo in cui, si da ampio risalto alla propria individualità, si mette in secondo piano la comunione con Dio. 
Oggi, alcuni esegeti, in odore di zolfo, affermano che questi detti del Signore avrebbero riscontrato già nei tempi apostolici una certa flessibilità nell’applicazione: e precisamente, nel caso della pornèia (fornicazione, cfr. Matteo, 5, 32; 19, 9) e nel caso della separazione tra un partner cristiano e uno non cristiano (cfr. 1 Corinzi, 7, 12-15). Le clausole sulla fornicazione sono state oggetto di controversa discussione fin da subito in campo esegetico. Molti sono convinti che non si tratti di eccezioni rispetto all’indissolubilità del matrimonio, ma piuttosto di legami matrimoniali invalidi. Ad ogni buon conto, la Chiesa non può fondare la sua dottrina in base ad ipotesi esegetiche controverse. Essa si deve attenere al chiaro insegnamento del Cristo, non ad altri seminatori di zizzania. Non a caso, storicamente lo scisma operato dalla "perfida Albione" è stato posto in essere non a causa di differenze dottrinali, ma perché il Papa, in obbedienza al Verbo del Cristo, non poteva assecondare la richiesta regale di Enrico VIII circa lo scioglimento del suo matrimonio.  La nascita della Chiesa d'Inghilterra, come sottolineava giustamente il compianto prof. Giacinto Auriti, rappresenta a tutti gli effetti una "rivincita di Satana sul Cristo". Inoltre, anche qui, si apre la divaricazione tra insegnamento cristiano e insegnamento Mosaico, con tutto ciò che una tal cosa comporta.

La motivazione più profonda  la si può rinvenire nella fedeltà di Cristo alla sua Chiesa. Dal sacramento del Matrimonio scaturisce il dovere di fedeltà. Gli sposi (che sono i ministri dell'Istituto matrimoniale) sono obbligati a rappresentare tale fedeltà e a darne testimonianza attiva. Dal sacramento, l'indissolubilità del Matrimonio riceve un senso più alto.
Oggi, legarsi per tutta la vita a un essere umano può apparire irrealistico e persino impossibile. È perciò quanto mai necessario annunciare la Buona Novella e ripetere le parole del Cristo.  Dio ci ama di un amore definitivo e irrevocabile e gli sposi sono partecipi di questo amore, che li conduce e li sostiene, e che attraverso la loro fedeltà possono essere testimoni dell'amore fedele di Dio.