mercoledì 28 maggio 2014

La politica odierna nel flusso caotico della realtà

Franz Sedlacek Werk und leben (1891-1945) 1

Interrompo momentaneamente la stesura della seconda parte del post sul Tramonto dell'Occidente per fare il punto della situazione, prescindendo dai soliti discorsi triti e ritriti, ripensando il tutto in altra chiave... l'ambizione è quella di portare il discorso altrove, uscendo dagli angusti ambiti della politica politicante, per approdare nel porto della Metapolitica. Occorre dunque dedicare una riflessione profonda su tutto il dominio della conoscenza e del sapere.
   
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Durante questi anni  ho annotato - col rischio di ripetermi e apparire noioso - come possa essere difficile il solo pensare la politica. E, nello specifico, faccio osservare che la “politica” attuale non è frutto del caso. Si segue pur sempre un percorso, forse meno ortodosso e più aperto a varie possibilità, che si traducono, all'atto pratico, in una serie di mosse e contromosse, in una sorta di avvicendamento probabilistico. Chi segue tale strategia è fortemente persuaso di poter riprodurre la realtà, sia pure solo per punti, seguendo uno schema, per poi fissarne la trama. Crede d’essere capace d’attribuire ai punti nodali di tale trama una posizione se non  precisa, almeno abbastanza affidabile; facendo finta di seguire le elucubrazioni di quei politologi molto in voga, ma evitando di meditare a fondo come farebbe un vero sapiente. Costoro a sproposito citano l’indeterminazione della teoria quantistica, secondo cui l’osservatore influisce sull’oggetto osservato appunto osservandolo. Un'osservazione giusta nella sua essenzialità, ma che però non si ha la capacità di metterla in pratica.
Gli uomini hanno - per troppo tempo - avuto la presunzione (illudendosi) d’essere gli unici artefici del proprio destino, ragion per cui, se ad un certo punto si presentano eventi inattesi, non previsti, diventano superstiziosi, fanno appello al caso e persino alla sfortuna, cercando ogni appiglio per cercare di dare una risposta al loro smarrimento.  Si richiamano, cioè, a qualunque cosa possa scagionarli, anche se ciò veste i panni della logica-raziocinante. Essi sono invece artefici di un ben altro procedimento... E' un procedimento "occulto", che non è dato conoscere ai "più".
La “realtà” è da pensarsi (solo da pensarsi senza pretesa di attingerla nella sua “verità”) quale flusso informe, caotico, squilibrante. Non possiamo muoverci in essa, seguendo le norme precise della razionalità... sarebbe fin troppo facile! Dobbiamo invece saperci immergere "consapevolmente" in questo flusso attraverso  una superiore  “intuizione”, un'intuizione che gli antichi avrebbero chiamato "super-individuale".  Per questo, una volta, i saggi si ritiravano negli eremi a meditare... abbandonando gli altri esseri umani inconsapevoli che disturbavano la loro meditazione.
Oggi, viceversa, assai più prosaicamente, la nostra mente fissa dei campi di stabilità,  in modo tale da potersi muovere come se si dovesse seguire una mappa. Costruiamo la loro dinamica di mutamento attraverso un procedimento cinematico, ossia, in parole povere, come avviene nei film. Una serie di fotogrammi sempre più ravvicinati fra loro fanno si che dalle immagini statiche si arrivi a quelle in movimento. Oggi poi, con le tecniche sofisticate digitali si arriva ad una definizione fantascientifica! Il tutto ci fa sentire dei padri eterni, delle persone di altissimo livello, consapevoli ed informate.  Ecco perché, poi, si corre ad acquistare l'apparecchio  di ultimissima generazione,  quello che, per intenderci, è sempre più dotato di “esatta riproduzione della realtà” per punti, per pixel! Questa sarebbe la realtà: i rapporti tra i punti e le parti da essi configurate vengono riprodotti in formule, grafici, ecc. E noi siamo contenti, fieri di tanto sviluppo,  il futuro ci appare ormai chiaro, senza misteri.
Poi, appena accade qualcosa di imprevisto, entriamo in una fase angosciosa e ci facciamo prendere dal panico. Appunto: o siamo puniti per i nostri gravi peccati, oppure sorge il sospetto che qualcosa sia sfuggito alla riproduzione di quella “realtà”. Magari si pensa di migliorare ulteriormente la “fotografia”; e per quanto riguarda la  dinamica evolutiva, ci si sforza di rilevare i punti successivi (di quella che è in effetti una cinematica) eliminando il più possibile gli spazi (e i tempi) vuoti tra l’uno e l’altro. Alla fine pensiamo di poterci rilassare; tutto andrà bene. Eppure continuano a prodursi eventi “strani”, assolutamente inattesi. Perché?
Fin quando, nella successione degli eventi in una determinata fase storica, agisce una forza decisamente prevalente (ad es. una potenza predominante in quel contesto spaziale), si ha l’impressione che l’evoluzione di una data formazione sociale sia abbastanza (mai completamente) determinata dall’agire di quel “soggetto”, il quale fissa sempre i suoi campi di stabilità per agire, ma sembra in effetti che questi corrispondano alla “realtà” di quell’epoca storica. Ad un certo punto, si notano discrepanze,  eventi “fortuiti”; osservando meglio la situazione, si vede che stanno emergendo altre forze, con altri campi di stabilità e altre azioni, altre sequenze di mosse, onde muoversi in quello stesso contesto. E malgrado si cianci della necessità di collaborare tutti insieme, sempre più si verificano situazioni in cui ci si deve guardare in cagnesco: la sensazione di ogni “soggetto” è che qualcun altro stia barando, voglia raggirarci per poi meglio annientarci! Ogni “soggetto” (ogni nuova forza in crescita) la pensa così.
In realtà, l’emergere di più forze ha soltanto posto in chiara evidenza, e lo andrà ormai ponendo sempre più in luce, che il campo (o i vari campi) di stabilità – fissato(i) mediante teorie via via più “raffinate” in strumentazione analitica impiegata e perfino supportate da accurate “ricerche (statistiche) sul campo” – ha presunto di immobilizzare il continuo flusso squilibrante, disordinato, che è in realtà irriproducibile tramite il pensiero detto logico (che sia deterministico o probabilistico non ha alcuna importanza). E’ questo flusso a mettere infine in crisi i campi di stabilità dei vari “soggetti”, la cui unica funzione, quando vanno moltiplicandosi, è quella di far risaltare che il flusso in questione non si acquieterà mai. E saremo sempre costretti, di periodo in periodo, di fase in fase, di epoca in epoca, ad attraversare quelle che avvertiamo sovente come tragedie.
Tuttavia, non vogliamo accettare questa “realtà”, vogliamo pensare che essa sia frutto delle nostre azioni. Alcuni credono che basterebbe cooperare o addirittura volersi bene, riscoprire l’“umanità” dei buoni sentimenti; realmente esistenti, sia chiaro, giacché non sono sempre ipocrisia e finzione di “soggetti” malintenzionati. Tuttavia, fanno quasi più danni gli “amorevoli” in buona fede degli altri, perché sono i più tetragoni e testardi nel non voler riconoscere che “qualcosa” deteriora oggettivamente i rapporti tra individui e gruppi sociali e spinge necessariamente a dover affrontare un conflitto talvolta assai drammatico ma non per questo evitabile. Gli ipocriti non capiscono da dove derivi il deteriorarsi dei presunti “equilibri”: non hanno consapevolezza del flusso squilibrante e informe, pensano ancora alla possibilità di stabilizzare dei campi attraverso il rafforzamento loro e l’indebolimento dell’avversario (trattato a volte da cooperante o alleato soltanto per raggirarlo e/o sottometterlo). Quelli in buona fede semplicemente non capiscono più nulla, continuano a credere all’esistenza del vecchio campo di stabilità con il suo equilibrio ormai sballato da un pezzo; e provocano così ritardi con guasti inenarrabili e accentuano i peggiori aspetti della tragedia quando essa arriva.
Ci sono però anche altri “soggetti” che inseguono scopi diversi, che afferrano in parte l’inevitabilità del conflitto. Tuttavia, anch’essi non hanno consapevolezza del flusso squilibrante che sempre ci porrà alla fine – coadiuvato dalla formazione di più campi di stabilità formulati da forze contrastanti – in conflitto insanabile. Costoro sono invece convinti che il conflitto dipenda esclusivamente dal fatto che un gruppo sociale (minoritario) ha preso la predominanza nella società e schiaccia la maggioranza; quando questa si ribellerà, si potrà giungere alla pace e alla risoluzione di tutti problemi.. La rivoluzione francese fallì e non si conseguì la  “liberté, égalité, fraternité”. Tuttavia essa produsse cambiamenti storici che poi si riverseranno nei secoli a venire. Lo stesso dicasi per la la “Dittatura del proletariato”, contro coloro che si sono impossessati del controllo dei mezzi di produzione, sempre si pensa di riuscire a dare infine vita alla società degli eguali privi di contrasti fondamentali fra loro. E invece, al termine della rivoluzione francese, come di quella sovietica, ci si è trovati con nuovi gruppi dominanti. Nell’Urss perdurò, anche dopo la seconda guerra mondiale, la “falsa coscienza” di essere sulla via giusta, ossia di star perseguendo il sol dell’avvenire; si continuò a credere (illudendosi) che la via maestra fosse quella della statalizzazione dei mezzi di produzione, attraverso la pianificazione centralizzata da parte dello Stato, che non fu comunista, ma assolutista, spacciando una menzogna colossale secondo cui vi fosse lo “Stato di tutto il popolo”. Fallita miseramente questa  esperienza si cerco di ripiegare sul cosiddetto “socialismo di mercato” che rappresentò – a tutti gli effetti -  un vero è proprio ossimoro. Gli ultimi furono i cinesi. Ma anche loro, se ne stanno allontanando. C’è chi grida allora al tradimento degli ideali rivoluzionari, chi inveisce contro una maligna natura umana, chi insiste nel credere che il nuovo gruppo dominante sia solo un’avanguardia in grado di portare tutti all’eguaglianza tramite adeguato sviluppo; e altre illusioni che nemmeno elenco tanto sono numerose e piene di sfaccettature diverse.
I delusi dell’esperienza comunista, però, non si rassegnano e, benché numericamente ininfluenti continuano a predicare il “verbo” degli “antichi padri”, quasi si trattasse di una religione. E, proseguendo su questo cammino, vediamo teorie scientifiche ridotte a immutabili principi dottrinali, predicati da preti in camicia rossa, facenti parte di gruppuscoli in continua scissione fra loro, per questo sempre più rissosi e rancorosi, diventando, perciò inconsapevoli sacerdoti di  autentiche religioni ateistiche, prive di un‘entità sovrannaturale, ma non per questo meno rigide e  profondamente settarie.
D’altra parte, i dominanti, nell’atto di esercitare il loro dominio, si rivelano assai arguti ed oltremodo agili, al contrario di questi inutili sacerdoti, ormai ossificati nelle loro stanche ed inutili liturgie.
Il gruppo detto dominante è semplicemente quello che andrà formulando un nuovo campo disabilità, temporaneamente adeguato dopo il tracollo del vecchio; e dunque fisserà una pausa, un “attimo di respiro non affannoso” ad esseri umani immersi nel flusso squilibrante, che prima o poi logorerà anche “quella novità”. Intanto, però, una pausa ci vuole, non si può agire senza un campo di stabilità. Ecco perché al “giacobinismo” – il momento più emozionante e teso del rivoluzionamento del vecchio campo di stabilità, in cui fioriscono comunque alti ideali e idee nuove, ecc. – segue il “termidoro”, che cerca di stabilizzare nuovamente il campo. Sembra si torni indietro, ma alla fine, pur nello spegnimento degli entusiasmi e nel venire a galla degli ipocriti e mentitori, si stabilizza nei fatti un nuovo (solo apparente) equilibrio.
Purtroppo le cose non vanno in questo modo, ma lo si crede e si ricomincia ad agire in un apparente campo disabilità, che comunque presenta chiare novità rispetto al precedente. E nulla esclude che tali nuovi caratteri possano essere ragionevolmente considerati migliori di quelli vecchi. L’importante è capire che il flusso continua a scorrere e prepara altre fasi, altre epoche. E il pensiero umano sarà sempre in ritardo nel cercare nuovi campi di stabilità quando i vecchi sono logori. Questa è la ristrettezza dei tempi odierni. Non sappiamo come pensare il nuovo. E, come la Coutume di Parigi aveva detto: "le mort saisit le vifson hoir plus proche et habile à suceéder"
© ♚Pierre

5 commenti:

  1. Siamo in pieno termidoro. Personalmente, ho la nausea. Ma passerà, come tu dichiari. Gran bel post.

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  2. Personalmente considero la Rivoluzione francese come la sovversione ante litteram, la scaturigine di tutti i nostri mali dell'era moderna. Joseph Lortz, nel secondo volume della sua Storia della Chiesa, lo dice chiaramente:,la borghesia non si accontentò di insediarsi alle leve dello Stato, ma intese coincidere con il Paese onde cambiarne le basi sociali. Perché infatti sono state giustiziate le suore di clausura? Perché sono stati distrutti i monumenti della Francia cristiana? Perché è stato sostituito al culto religioso cattolico il culto della dea ragione? Perché il vero nemico non era la nobiltà ma la Chiesa. Bisognava distruggere le basi religiose dell'antico ordine, sostituendole con basi totalmente razionali su cui fondare un nuovo ordine. La Rivoluzione francese è, dunque, il primo tentativo consistente di distruggere l'Europa cristiana e di sostituirla con l'Europa atea, espressione della modernità. In questo senso essa è stata determinante per la vita dell'Europa fino ad oggi.

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    1. Sono in parte concorde circa il considerare come evento nefasto della Storia la Rivoluzione francese... ma non tanto perchè son state giustiziate delle suore, cosa per altro assai inutile... ma perché - come già ho avuto modo di commentare su di un Social Network: "Di fronte alle forme erronee in cui si manifesta il disordine della nostra sciagurata epoca occorre assumere un diverso tipo d'atteggiamento. Bisogna rendersi conto che tutte queste parole: rivolta, rivoluzione eccetera, sono vane. Difatti, in riferimento al ns. ciclo storico tutti i mali e le nequizie son derivate dalla sovversione dell'Ordine naturale, determinato proprio dalle rivoluzioni del '89 e del '48. Oggi, il problema non è attuare l'ennesima "rivoluzione" ...il problema è stabilire se esistono o meno ancora uomini capaci di respingere in toto tutte le ideologie che sono derivate dalla Rivoluzione francese; il che si traduce in un rifiuto totale di tutto il mondo liberal-democratico, fino a giungere agli epigoni del Marxismo e del mefitico comunismo, Come controparte occorre perciò fornire un orientamento, una solida Weltanschauung, poggiante su basi rigorosamente Tradizionali".

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    2. La rilvoluzione franese fu un grandissimo Bluff! e nonostante uno slogan propagandistico dal formidabile effetto psicologico: «Liberté – Egalité – Fraternité», i rivoluzionari batterono ogni record per contraddirlo. Infatti, con reiterate violazioni della Libertà, mai le prigioni della Francia furono così piene di detenuti come durante il periodo rivoluzionario; in relazione al principio della Uguaglianza, tutti i francesi vennero chiamati «cittadini», ma fu inaugurata l'ineguaglianza più odiosa, quella tra ricchi e poveri; mentre la Fratellanza valse solamente per gli appartenenti ai club giacobini, conformemente alla mentalità massonica, secondo la quale sono gli affiliati alla sétta ad essere «fratelli» tra loro, mentre i «profani», cioè le persone comuni, non vengono considerati nemmeno esseri umani! Vogliamo invece ricordare quanto fecero i Borbone?!?

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  3. Senza entrare nel merito delle opinioni espresse, tutte legittime, voglio solo ricordare che questo mio post, non verte propriamente sulla "rivoluzione francese", che ebbe luci ma anche moltissime ombre...Qui ci si è avviati ad un'analisi profonda del voto e delle consultazioni popolari, prescindendo dai meri commenti su" questo o su quello", che a noi poco interessano, o per lo meno, scendono sul piano inclinato della nostra indifferenza. Qui si è voluta riattivare una modalità di lettura che è quella dell'analisi metapolitica degli eventi, con tutto quel che ne consegue.

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