A Londra Barclays ha falsificato i tassi di interesse sui prestiti interbancari, mentre, a Madrid Bankia avrebbe manipolato i suoi conti per entrare in borsa. Come obbligare le banche a fare chiarezza? In Islanda un’équipe di investigatori cerca i colpevoli per portarli davanti ad un tribunale.
di Charlotte
Chabas, Le Monde
Pubblicato il 12
Luglio 2012 alle 14:58
Prima della crisi economica 𝗢𝗹𝗮𝗳𝘂𝗿 𝗛𝗮𝘂𝗸𝘀𝘀𝗼𝗻 era commissario di polizia ad Akanes, piccolo porto di 6.500 abitanti all’estremità di una penisola ghiacciata a una cinquantina di chilometri da Reykjavik. Dal gennaio 2009 cerca di portare davanti alla giustizia chi ha contribuito al crollo economico del paese nel 2008. Alla fine dell’estate del 2008 la bolla islandese è esplosa in seguito alla crisi americana dei subprimes. Due settimane dopo la caduta vertiginosa di 𝗟𝗲𝗵𝗺𝗮𝗻 𝗕𝗿𝗼𝘁𝗵𝗲𝗿𝘀, le tre principali banche del paese, il cui valore rappresentava il 923 per cento del pil, è crollato. La piccola isola è stata spazzata via dalla crisi, la corona islandese è colata a picco senza che nessun intervento potesse cambiare la situazione. Il 6 ottobre 2008, in diretta televisiva nazionale, il primo ministro dell’epoca ha pronunciato un discorso in cui chiedeva a dio di “salvare l’Islanda”.
Dopo quella data
fatidica, l’Islanda ha conosciuto giorni difficili: nel 2009 gli islandesi,
peraltro poco abituati alle dimostrazioni sociali, hanno gridato la loro rabbia
contro i politici e i “neovichinghi” della finanza che li avevano ingannati. La
“rivoluzione delle pentole” ha portato alle dimissioni del parlamento e del
governo conservatore. Fra le rivendicazioni di allora vi era anche il processo
di chi aveva approfittato della situazione economica e di chi aveva spinto
l’Islanda nel baratro economico. Le elezioni politiche anticipate hanno portato
la sinistra al potere. Il nuovo primo ministro, Johanna Sigurdardottir, ha
voluto nominare rapidamente un procuratore speciale per indagare sulle cause
della crisi. Ma pochi si sono fatti avanti per questo posto.
[…] Hauksson,
isolato nel suo piccolo commissariato di provincia, ha il merito di non avere
alcun rapporto con l’élite accusata di aver portato l’isola al fallimento.
Nonostante la sua completa inesperienza in materia di giustizia economica, è
stato l’unico a proporsi per l’incarico. […] Più di tre anni dopo la sua
nomina, lo stesso Hauksson riconosce di “aver cominciato solo da poco a
sentirsi bene nella sua nuova funzione”. Inizialmente a capo di una squadra di
cinque persone, adesso dirige più di cento collaboratori.
A Londra,
Barclays ha truccato i tassi di interesse sui prestiti interbancari, mentre a
Madrid Bankia ha cucinato i libri per rendere pubblici. Come possono le banche
essere ritenute responsabili? L'Islanda ha nominato un team di investigatori
che cerca frodi e manda i colpevoli in tribunale.
Il loro compito
è duplice: “Da un lato si tratta di indagare su tutti i sospetti di frode e di
reati compiuti prima del 2009; dall’altro siamo noi stessi a istruire il
processo contro i presunti colpevoli”. Un metodo “del tutto nuovo”, che
permette agli inquirenti di “seguire i casi” e alla giustizia di “conoscere a
menadito le varie procedure”. Una condizione indispensabile “per poter
competere con avvocati della difesa molto preparati”.
Per facilitare
la missione del procuratore, il governo ha proceduto a delle modifiche
legislative sul segreto bancario. “Oggi abbiamo accesso a tutte le
informazioni, senza alcuna possibile obiezione”, afferma Hauksson. Sospetti di
frodi bancarie, reati di insider trading, truffe, furto d’identità
professionale, distrazione di fondi, le inchieste condotte sono diverse e i tre
- ben presto quattro - uffici dove si svolgono gli interrogatori sono sempre
pieni. Oggi il procuratore afferma di lavorare su “un centinaio di casi”.
La maggior parte
delle persone prese di mira sono ex responsabili del settore finanziario,
membri dei consigli di amministrazione delle banche prima della crisi. Si
tratta di islandesi che hanno spesso scelto di esiliarsi in paesi stranieri -
in particolare in Lussemburgo - per continuare la loro carriera. Una
dispersione che complica il compito della squadra del procuratore Hauksson. Ma
l’équipe moltiplica le perquisizioni e continua le inchieste nelle filiali
straniere delle banche islandesi, coinvolgendo anche dei cittadini stranieri.
“A livello internazionale abbiamo piena cooperazione”, assicura Hauksson.
Attualmente
alcune condanne sono state già pronunciate. Due ex dirigenti della banca Byr, i
primi a essere giudicati, scontano una pena di quattro anni e mezzo di carcere.
L’ex direttore del gabinetto del ministro delle finanze nel momento della
crisi, Baldur Gudlaugsson, è stato condannato per insider trading a due anni.
Più di recente è stata la volta di Sigurdur Einarsson, ex presidente della
banca Kaupthing, condannato a rimborsare alla banca 500 milioni di corone
islandesi - 3,2 milioni di euro - e al blocco di tutti i suoi beni.
Altri casi
attendono di essere giudicati. Jon Thorsteinn Oddleifsson, l’ex tesoriere della
banca Landsbanki, dovrebbe ben presto conoscere la sua sorte, così come Làrus
Welding, l’ex direttore generale della banca Glitnir.
Imparare dal
passato
Il lavoro di
Hauksson suscita aspre critiche nella popolazione. “Sappiamo che tutti gli
occhi sono puntati su di noi e che non possiamo fallire”, sottolinea il
procuratore, ma “accelerare le cose significherebbe compiere degli errori e nel
contesto attuale, con una tale sfiducia da parte degli islandesi nei confronti
delle istituzioni, dobbiamo essere irreprensibili”.
Ma è difficile
essere “irreprensibili” in una società in cui le procedure ai limiti della
legalità sono state per molto tempo la prassi. A maggio due membri dell’équipe
del procuratore hanno venduto delle informazioni riservate per 30 milioni di
corone (191mila euro) a un misterioso destinatario. Questi due ex poliziotti
indagavano sul caso Sjovar/Milestone, una compagnia di assicurazione nella
quale la Banca centrale islandese aveva investito prima di cedere di nuovo le
sue quote per una somma minore. Accusati di aver violato la confidenzialità
della loro funzione, i due uomini sono stati sospesi e costretti a mettersi in
pensione.
La “purga” del
sistema finanziario islandese, come piace dire a Hauksson, non sarà immediata.
Anche se conta di finire la sua missione entro il 2015, il procuratore spera
soprattutto che l’Islanda, la cui economia si è progressivamente ripresa, potrà
un giorno “guardare dietro di sé ed essere orgogliosa di aver saputo far tesoro
dell’esperienza del passato”.
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