martedì 11 giugno 2013

Il regno della grande madre

La società contemporanea ha spodestato lo Stato riducendolo ad un mero simbolo per la raccolta fiscale, togliendogli, non di meno, il ruolo di "padre".  Così facendo lo ha definitivamente desautorato della sua aura regale, che invece è stata trasferita alla sua contro parte femminile: la società.
In questo modo lo Stato ha assunto il ruolo di spauracchio dilapidatore, di fustigatore della ricchezza privata, di persecutore del risparmio familiare. All'uopo sono stati elevati sull'altare della patria, la multa, la galera e la legge fine a se stessa.
Di questa femminilizzazione spicca in primis il primato dell’economia sulla politica, la prevalenza del consumismo sulla produzione, l'uso abnorme della discussione in luogo della decisione, il declino dell’autorità, una volta regale,  in favore del “dialogo democratico”, ma anche l’ossessione nella tutela  dei più deboli, siano essi omosessuali, donne o minori.




Nel costume stiamo purtroppo assistendo alla messa in berlina della vita privata, attraverso una spettacolarizzazione delle confessioni più intime, anche attraverso un uso smodato delle intercettazioni  telefoniche, usate al posto delle classiche indagini di poliizia, ed indi inserite nel panorama della “tele-realtà” (reality-TV).
A questo devesi aggiungere la moda dell’umanitario” e della carità pelosa massmediale, dove se non scuci l'obolo, vieni immediatamente messo all'indice ed emarginato dalla cosiddetta società civile. Basta accendere la Tv per accorgersi di quante collette televisive siano attive nella raccolta di fondi per le cause più disparate. Nella società odierna l’accento viene  posto costantemente sui problemi legati alla sfera intima,  alla salute, all’apparire, in luogo dell'essere;  del voler piacere a tutti i costi, attraverso un'ostentazione delle cura estetiche.

In questo quadro è stata completamente stravolta la figura maschile che ormai non ha nulla da "invidiare" a quella femminile...
Cure estetiche, tatuaggi, lifting, massaggi, trapianti di capelli e tutto quanto serve all'omologazione imperante.
E, via di questo passo, si è proceduto celermennte alla  la femminilizzazione di talune professioni: scuola, magistratura, psicologia, operatori sociali ecc. Non è un caso se oggi il maestro nelle scuole elementari sia diventato un caso più unico che raro e, per converso, assistiamo alla parificazione completa dei due sessi. Pensiamo all'assoluta omologazione dei ruoli nei compiti di Polizia, attraverso l'ingresso delle donne a pieno titolo in tutti i rami delle forze armate.

Inoltre con l'ostentazione del matrimonio d'amore stiamo assistendo alla parossistica avanzata delle separazioni e dei divorzi, quasi a giustificare il fatto che quando l'amore finisce, si tronca pure l'istituto matrimoniale. Dimenticano costoro che il matrimonio non è solo un legame affettivo... Il matrimonio, correttamente inteso, è un Istituto, attraverso cui si stipula un contratto sociale. Non è afferente solo al sesso, ma alla vita. Il matrimonio è un'istituzione di carattere giuridico con risvolti profondamente etici, destinato alla propagazione ordinata del genere umano, attraverso la costituzione della Famiglia.
In questo senso appaiono inconcepibili i recenti atti legislativi volti a sradicare questo tradizionale istituto che presuppone due parti contraenti di sesso diverso.   Matrimonio ed omosessualità sono concetti e parole che si escludono a vicenda. L'omosessualità, al di là di ogni considerazione morale o religiosa, è un legame sessuale tra persone dello stesso sesso. Tale legame è - per sua stessa natura - infecondo, inadeguato anche per la crescita della prole. Per questo appare innaturale dare a certe persone che sono state desautorate dalla natura la potestà di avere una famiglia.
Nell'antica Roma la famiglia era la cellula della civitas e il matrimonio assicurava, appunto, la continuità della gens, garantendo, altresì, la stabilità sociale. Cicerone infatti così la definiva:  Seminarium rei pubblicae (De OFFICIS, 1,54). La FAMIGLIA, insomma, rappresentava il modello di tutta la società.

In questo ambito cresce sempre più la moda dell'ideologia vittimistica, la difesa tout court del "sesso debole"  che, invece, alla prova dei fatti, ha prodotto il più largo numero di padri e mariti Homeless che la storia ricordi.
In questo triste scenario assistiamo ad un vero e proprio capovolgimento dei ruoli e della realtà che spesso si sofferma a tratteggiare negativamente la condizione dell'uomo moderno, mancando del tutto cosa spinge l'uomo di oggi a tali ed assurdi atteggiamenti.
I centri della Caritas e le associazioni cattoliche registrano un aumento esponenziale di questo fenomeno. Il marito, oggi, nel rapporto di coppia è sempre più la vittima non segnalata e quasi mai protetta, a differenza della sua naturale controparte.
In questo senso avanza il mercato dell’emotività e della compassione, che invece di aiutare effettivamente, anche attraverso il varo e la modifica delle leggi vigenti, si limita a registrare il fenomeno come una evoluzione dei tempi.

La nuova concezione della giustizia fai da te, dove tutti hanno ragione, ed ognuno si erge a giudice, compresi i colpevoli acclarati, mette in secondo piano chi attende giustizia da anni. L'iter processuale, estraordinariamente lungo e laborioso, più consono a zelanti azzeccagarbugli e causidici legulei che a persone oneste che attendono il corso della giustizia, è costruito in modo tale da defatigare chiunque non disponga di risorse e pazienza eccezionali.  Grazie al buonismo rimangono impuniti i tossici che compiono reati e gli statali condannati in via definitiva.  Queste due decisioni (opposte per materia e reati) sono assimilabili perchè affermano il principio della deresponsabilizzazione. Un principio che può trovare giustificazione nel perdonismo e, più in generale, nella femminilizzazione della giustizia, ma che, a ben vedere, esprime l'incapacità dello Stato a definire un confine fra lecito ed illecito.
Qui la fanno da padroni gli avvocati... anzi la Lobby degli avvocati. Questa lobby, potentissima in parlamento, si è sempre opposta, per vari motivi ad una riforma seria della Giustizia.
Si perché, a ben vedere, gli unici a guadagnarci da un processo dilatato all'infinito sono proprio loro: gli avvocati, appunto. Costoro stanno tanto a "destra" quanto a sinistra. Si tratta in buona sostanza, di una categoria trasversale agli schieramenti politici. E proprio per questo motivo è assai difficile stanarla e farla addivenire a più miti consigli. Questo dato è stato evidenziato chiaramente dal Ministro AnnaMaria Cancellieri che ha indicato nell'avvocatura uno dei principali ostacoli ad una riforma del nostro sistema giudiziario.
Naturalmente gli avvocati non sono gli unici a difendere lo Status Quo della giustizia. Il sistema giudiziario italiano ruota attorno al "motore immobile" di una Magistratura assolutamente autoreferenziale che rappresenta, a tutti gli effetti, uno dei poteri forti del nostro ordinamento. La magistratura è un potere intoccabile, caratterizzato da carriere intrecciate e automatiche che diffida sistematicamente di qualsiasi modifica ed innovazione. In questo senso la femminilizzazione della giustizia non ha giovato alla categoria. Per non parlare poi delle carceri italiane che, a dispetto delle indicazione di buoni propositi, è un mezzo non per giudicare in assoluta equità ma per far pesare il dolore  sulle vittime anziché sui carnefici. Ma, a causa di un aumento esponenziale della delinquenza, neanche i carnefici se la passano poi tanto bene, visto che sono costretti a subire pene ulteriori, a causa del sovraffollamento delle carceri e delle condizioni fatiscenti degli edifici in cui rimangono reclusi. La reclusione, infatti, dovrebbe consentire loro di rielaborare positivamente la pena e “ricostruirsi” una vita nella società. Ma, in un siffatto ambito, dubito fortemente che una tal cosa accada.

Il trend delle Griffe, dove solo ciò che è firmato serve e quello che non viene indicato dalla pubblicità non è percepito nemmeno come prodotto accettabile, ha ingenerato l'accoglimento incondizionato dei valori del mercato. Il telefono cellulare ha sostituito il cordone ombelicale, facendo si che la nostra vita sia scandita dall'accaparramento affannoso di questi prodotti pubblicizati dai mass-media.
La ricerca di un linguaggio servile e accomondante, e contestualmente, la progressiva scomparsa dell’imperativo dal linguaggio corrente  la dice lunga sullo stato di cose presente.
Del resto la globalizzazione è incline ad instaurare un mondo di flussi e riflussi, senza frontiere né punti di riferimento precisi, una sorta di mondo liquido, per parafrasare Baumann, dove vale la logica dei vasi comunicanti. 

Dopo  un periodo di preminenza del maschile sul femminile, che ha in un certo senso afflitto la condizione femminile e le sue aspirazioni, tutto ciò appare addirittura come qualcosa di positivo. Tuttavia, allo stato in cui siamo. siamo giunti nell’eccesso opposto. L'emancipazione del femminino è qualcosa che andava fatta. Ma nell'operare tale trasformazione occorreva rimanere in un ambito tradizionale senza eccedere nello stravolgimento della natura. Invece ciò che accade oggi viene attuato nel nome della svirilizzazione maschile, cancellando e sovvertendo l'azione simbolica del ruolo paterno, procedendo attraverso l’indistinzione tra i sessi.

La parificazione del lavoro e lo scambio dei ruoli, hanno fatto in modo che oggi gli uomini non abbiano semplicemente più tempo da dedicare ai figli. Il padre è stato a poco a poco ridotto ad un ruolo economico e amministrativo e con l'arrivo della donna in carriera, molto spesso, anche il ruolo economico-amministrativo finisce per scadere nel mero ruolo di badante.
Trasformato in “papà”, tende a diventare un semplice sostegno affettivo e sentimentale, elargitore di carezze e mero esecutore delle volontà materne, una sorta di assistente familiare,  un badante destinato a cambiare pannolini e spingere carrozzelle e passeggini.
Il padre, tradizionalmente inteso, colui il quale simboleggia la Legge, e ne è, in un certo senso, il garante, non è più percepito come tale.

Parimnenti avanza, una sorta di privatizzazione della famiglia, dove ai coniugi non attenti o troppo impegnati nel "lavoro" viene affiancata una funzione educante dall'esterno con l'apporto di specialisti; sociologi, psicologi, ecc. Questo è, in effetti, il primo passo verso la spersonalizzazione della famiglia.
Così. attraverso una sorta di ingerenza nella vita familiare, attuata con la scusa di razionalizzare la vita quotidiana ha preso due piccioni con una fava:

  1. in primis, ha ratificato la medicalizzazione dell’esistenza, 
  2. in secondo luogo, ha provocato - anche se indirettamente - la deresponsabilizzazione dei genitori nei confronti dei  figli.
Si è instaurata, senza colpo ferire,  una società dominata dal matriarcato mercantile che si indigna oggi del virilismo “arcaico”  delle periferie metropolitane e si stupisce di vedersene disprezzata.
Per questo motivo la società (che ha ormai di fatto sostituito lo stato) si serve di diversi mezzi per reprimere il virilismo ancestrale, ultimo baluardo dell'uomo tradizionale e dello stato estinto.
In questo mestissimo quadro generale,  il maschio viene additato al pubblico ludibrio, e accusato di ogni nefandezza... Naturalmente qui non stiamo difendendo l'indifendibile  e chi commette un abuso o reati veri o presunti... Facciamo solo presente quale è il clima entro cui certi "reati" vengono commessi, qual è l'humus socio-culturale entro cui si moltiplicano i bacilli dell'intolleranza e, soprattutto, della violenza. Ed è importante notare come in questi frangenti la "comprensione" scompare magicamente;  ad essa viene sostituita la denigrazione tout court del violento e delle sue assurde pretese.

Dietro la forma esteriore dell'atto criminale si dissimula la realtà delle disuguaglianze sociali e, soprattutto, il disvelamento dell'estrema durezza del sistema liberista che, a parole, sembra regalare mari e monti, ma, nella realtà di ogni giorno,  è foriero di inestinguibili ingiustizie e di profonde ineguaglianze sociali.
© ♚Pierre

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