Sclera-Menti
La Politica sclerata in edizione economica
martedì 9 aprile 2024
La moneta non è fattispecie giuridica
sabato 31 luglio 2021
L'Euro di chi è? Messaggio ai popoli europei: eliminare il debito o i popoli?
50.000.000 di
uomini muoiono di fame ogni anno, non per mancanza di derrate alimentari, ma
del denaro per comprarle (come è provato dalla distruzione abituale delle
eccedenze di prodotti agricoli).
Poiché il denaro
in circolazione è emesso, a costo nullo, dalle banche centrali, solo
prestandolo, balza evidente che i vuoti monetari sono arbitrariamente
pianificati dalla parsimonia feroce dei grandi usurai che dominano il sistema
monetario. Solo su queste premesse ci si spiega perché l'Europa con l'avvento dell'EURO
rischia di far parte del Terzo Mondo. Se la Banca Centrale Europea emetterà
moneta prestandola - come hanno fatto e fanno sin dalla fondazione
della Banca d'Inghilterra tutte le banche centrali - i Popoli Europei saranno
tutti destinati ad essere colonie monetarie dell'impero usurocratico, tanto più
perché - a norma dell'art. 107 e s. del Trattato di Maascricht - si sono
convenzionalmente impegnati a non manifestare obiezioni, proposte o desideri.
Nel silenzio del
Trattato sulla proprietà dell'EURO, la BCE ha il potere di scelta tra servire o
servirsi dei Popoli Europei. Se li vuole servire deve stampare e accreditare,
se se ne vuole servire, deve stampare e prestare. Poiché questa seconda ipotesi
è la regola costante per tutte le banche centrali del mondo, è ovvio che non
potrà cambiare senza una esplicita previsione normativa.
Se i Popoli
Europei vogliono evitare la drammatica tempesta della moneta-debito
(preconizzata del resto da Alan Greespan Presidente della Federal Reserve Bank
che è in grado di prevederla perché è in grado di causarla) devono
consensualmente programmare l'integrazione del Trattato, per colmarne una
lacuna normativa INAMMISSIBILE ed INTOLLERABILE, perché nessuna norma dice di
chi è la PROPRIETA' dell' EURO.
L'EURO VA
ESPLICITAMENTE DICHIARATO DI PROPRIETA' DEI POPOLI EUROPEI con una norma
integrativa pienamente legittima perché non contraddice con nessuna norma del
Trattato vigente. Ciò in applicazione dell'ovvio principio per cui PIUTTOSTO
CHE ELEMOSINARE LA REMISSIONE DI DEBITI NON DOVUTI E' MOLTO PIU' CONVENIENTE
PREVENIRNE L'INSTAURAZIONE: NON ACCETTARLI.
Poiché questa
proposta è perfettamente coincidente con il Messaggio del Papa sulla estinzione
dei debiti del Terzo Mondo, è un'ottima occasione per avere la prova che il Governatore
della Banca d'Italia è un vero cattolico quale dice di essere.
Perché mai ci
dovremmo indebitare infatti verso la BCE per un valore pari a tutto il denaro
che vorrà mettere in circolazione? Quale è il corrispettivo di questo debito
immane ed arbitrariamente imposto dal falso creditore a falsi debitori? La
risposta scandalosamente inconfutabile è : " UNICO CORRISPETTIVO E' IL
NULLA ! ! ! " Si impone quindi - con la massima urgenza - che il
Governatore Fazio proponga ai Governi ed ai Governatori degli Stati Europei la
norma integrativa ed interpretativa del Trattato di Maastricht che concepisca
l'EURO proprietà (e non debito) del portatore.
E' GRAN TEMPO
ORMAI CHE SI ACQUISTI LA CONSAPEVOLEZZA CHE IL VALORE DELLA MONETA ALL'ATTO
DELL'EMISSIONE E' CREATO DA CHI L'ACCETTA. ECCO PERCHE' TUTTI POSSONO PRESTARE
DENARO TRANNE CHI LO EMETTE. Potrebbe altrimenti riproporsi anche per l'Europa
l'alternativa tra la sopravvivenza dei Popoli e quella dei debiti. Nascerebbe
così ineluttabilmente, come nella Vandea, il diritto alla rivoluzione.
di Giacinto
Auriti Segretario Generale del Sindacato Antiusura – SAUS Direttore
della Scuola dei Valori Giuridici e Monetari Centro Celestiniano - L'Aquila -
Documento elaborato dal Prof Giacinto Auriti e diffuso prima dell' avvento
dell' euro.
domenica 11 luglio 2021
L’Islanda dà la caccia ai banchieri
A Londra Barclays ha falsificato i tassi di interesse sui prestiti interbancari, mentre, a Madrid Bankia avrebbe manipolato i suoi conti per entrare in borsa. Come obbligare le banche a fare chiarezza? In Islanda un’équipe di investigatori cerca i colpevoli per portarli davanti ad un tribunale.
di Charlotte
Chabas, Le Monde
Pubblicato il 12
Luglio 2012 alle 14:58
Prima della crisi economica 𝗢𝗹𝗮𝗳𝘂𝗿 𝗛𝗮𝘂𝗸𝘀𝘀𝗼𝗻 era commissario di polizia ad Akanes, piccolo porto di 6.500 abitanti all’estremità di una penisola ghiacciata a una cinquantina di chilometri da Reykjavik. Dal gennaio 2009 cerca di portare davanti alla giustizia chi ha contribuito al crollo economico del paese nel 2008. Alla fine dell’estate del 2008 la bolla islandese è esplosa in seguito alla crisi americana dei subprimes. Due settimane dopo la caduta vertiginosa di 𝗟𝗲𝗵𝗺𝗮𝗻 𝗕𝗿𝗼𝘁𝗵𝗲𝗿𝘀, le tre principali banche del paese, il cui valore rappresentava il 923 per cento del pil, è crollato. La piccola isola è stata spazzata via dalla crisi, la corona islandese è colata a picco senza che nessun intervento potesse cambiare la situazione. Il 6 ottobre 2008, in diretta televisiva nazionale, il primo ministro dell’epoca ha pronunciato un discorso in cui chiedeva a dio di “salvare l’Islanda”.
Dopo quella data
fatidica, l’Islanda ha conosciuto giorni difficili: nel 2009 gli islandesi,
peraltro poco abituati alle dimostrazioni sociali, hanno gridato la loro rabbia
contro i politici e i “neovichinghi” della finanza che li avevano ingannati. La
“rivoluzione delle pentole” ha portato alle dimissioni del parlamento e del
governo conservatore. Fra le rivendicazioni di allora vi era anche il processo
di chi aveva approfittato della situazione economica e di chi aveva spinto
l’Islanda nel baratro economico. Le elezioni politiche anticipate hanno portato
la sinistra al potere. Il nuovo primo ministro, Johanna Sigurdardottir, ha
voluto nominare rapidamente un procuratore speciale per indagare sulle cause
della crisi. Ma pochi si sono fatti avanti per questo posto.
[…] Hauksson,
isolato nel suo piccolo commissariato di provincia, ha il merito di non avere
alcun rapporto con l’élite accusata di aver portato l’isola al fallimento.
Nonostante la sua completa inesperienza in materia di giustizia economica, è
stato l’unico a proporsi per l’incarico. […] Più di tre anni dopo la sua
nomina, lo stesso Hauksson riconosce di “aver cominciato solo da poco a
sentirsi bene nella sua nuova funzione”. Inizialmente a capo di una squadra di
cinque persone, adesso dirige più di cento collaboratori.
A Londra,
Barclays ha truccato i tassi di interesse sui prestiti interbancari, mentre a
Madrid Bankia ha cucinato i libri per rendere pubblici. Come possono le banche
essere ritenute responsabili? L'Islanda ha nominato un team di investigatori
che cerca frodi e manda i colpevoli in tribunale.
Il loro compito
è duplice: “Da un lato si tratta di indagare su tutti i sospetti di frode e di
reati compiuti prima del 2009; dall’altro siamo noi stessi a istruire il
processo contro i presunti colpevoli”. Un metodo “del tutto nuovo”, che
permette agli inquirenti di “seguire i casi” e alla giustizia di “conoscere a
menadito le varie procedure”. Una condizione indispensabile “per poter
competere con avvocati della difesa molto preparati”.
Per facilitare
la missione del procuratore, il governo ha proceduto a delle modifiche
legislative sul segreto bancario. “Oggi abbiamo accesso a tutte le
informazioni, senza alcuna possibile obiezione”, afferma Hauksson. Sospetti di
frodi bancarie, reati di insider trading, truffe, furto d’identità
professionale, distrazione di fondi, le inchieste condotte sono diverse e i tre
- ben presto quattro - uffici dove si svolgono gli interrogatori sono sempre
pieni. Oggi il procuratore afferma di lavorare su “un centinaio di casi”.
La maggior parte
delle persone prese di mira sono ex responsabili del settore finanziario,
membri dei consigli di amministrazione delle banche prima della crisi. Si
tratta di islandesi che hanno spesso scelto di esiliarsi in paesi stranieri -
in particolare in Lussemburgo - per continuare la loro carriera. Una
dispersione che complica il compito della squadra del procuratore Hauksson. Ma
l’équipe moltiplica le perquisizioni e continua le inchieste nelle filiali
straniere delle banche islandesi, coinvolgendo anche dei cittadini stranieri.
“A livello internazionale abbiamo piena cooperazione”, assicura Hauksson.
Attualmente
alcune condanne sono state già pronunciate. Due ex dirigenti della banca Byr, i
primi a essere giudicati, scontano una pena di quattro anni e mezzo di carcere.
L’ex direttore del gabinetto del ministro delle finanze nel momento della
crisi, Baldur Gudlaugsson, è stato condannato per insider trading a due anni.
Più di recente è stata la volta di Sigurdur Einarsson, ex presidente della
banca Kaupthing, condannato a rimborsare alla banca 500 milioni di corone
islandesi - 3,2 milioni di euro - e al blocco di tutti i suoi beni.
Altri casi
attendono di essere giudicati. Jon Thorsteinn Oddleifsson, l’ex tesoriere della
banca Landsbanki, dovrebbe ben presto conoscere la sua sorte, così come Làrus
Welding, l’ex direttore generale della banca Glitnir.
Imparare dal
passato
Il lavoro di
Hauksson suscita aspre critiche nella popolazione. “Sappiamo che tutti gli
occhi sono puntati su di noi e che non possiamo fallire”, sottolinea il
procuratore, ma “accelerare le cose significherebbe compiere degli errori e nel
contesto attuale, con una tale sfiducia da parte degli islandesi nei confronti
delle istituzioni, dobbiamo essere irreprensibili”.
Ma è difficile
essere “irreprensibili” in una società in cui le procedure ai limiti della
legalità sono state per molto tempo la prassi. A maggio due membri dell’équipe
del procuratore hanno venduto delle informazioni riservate per 30 milioni di
corone (191mila euro) a un misterioso destinatario. Questi due ex poliziotti
indagavano sul caso Sjovar/Milestone, una compagnia di assicurazione nella
quale la Banca centrale islandese aveva investito prima di cedere di nuovo le
sue quote per una somma minore. Accusati di aver violato la confidenzialità
della loro funzione, i due uomini sono stati sospesi e costretti a mettersi in
pensione.
La “purga” del
sistema finanziario islandese, come piace dire a Hauksson, non sarà immediata.
Anche se conta di finire la sua missione entro il 2015, il procuratore spera
soprattutto che l’Islanda, la cui economia si è progressivamente ripresa, potrà
un giorno “guardare dietro di sé ed essere orgogliosa di aver saputo far tesoro
dell’esperienza del passato”.
sabato 1 agosto 2020
Anemia monetaria, peggio della peste
Anemia
monetaria, peggio della peste
“…
nonostante i protesti ed i furbi che non pagano, il titolo di credito resta il
mezzo di pagamento più usato… sarà perché lo cheque si può postdatare (pratica
illegale, ma diffuso escamotage per ritardare le scadenze)…”
Con queste
parole Fabio di Chio (Il Tempo, Roma, 24–4-‘4, p.29) ha dimostrato di
saper individuare i sintomi dell’insolvenza, ma non le cause.
Pretendere
infatti di addossare, alla “furbizia” dei debitori, l’esplosione
dell’insolvenza, significa non solo ignorare la vera causa dell’anemia
monetaria, ma condannare come responsabile, la vittima del signoraggio delle
banche centrali. Sono queste che, prestando il dovuto all’atto dell’emissione
con interessi, anatocismo ed accessori, caricano il costo del denaro del 260% e
rendono impossibile la puntualità dei pagamenti. Il suicidio da insolvenza è
diventata una malattia sociale, che non ha precedenti nella storia, perché il
debitore, pur essendo vittima, viene umiliato come se fosse il responsabile: il
“furbo che non paga”. Quando la moneta era d’oro o convertibile in oro, la
rarità era incontrollabile perché condizionata dalla legge fisica della disponibilità
del metallo. Malgrado l’abolizione della convertibilità e della riserva,
l’opinione pubblica crede ancora nella necessità di una limitazione rigida ed
esasperata della rarità monetaria, su cui specula il signoraggio delle banche
centrali, che ormai dominano, a costo nullo, quantitativi illimitati di moneta
che emettono o ritirano arbitrariamente in tutto il mondo. La moneta è il
sangue del mercato. Ormai ci siamo abituati a vivere in regime di anemia
cronica sin dalla nascita della moneta nominale dominata dall’usura perché
emessa in prestito, con parsimonia feroce, dai padroni delle banche centrali.
Ecco perché si impone la assoluta, inderogabile necessità di una pacifica
rivoluzione monetaria basata sulla proprietà popolare della moneta, cioè sulla
MONETA PROPRIETA'del PORTATORE SIN dall’EMISSIONE e senza riserva. Dopo la
scoperta del VALORE INDOTTO, anche la moneta può essere regolamentata secondo
giustizia. Come l’aumento della quantità di sangue nel bambino, si adegua, per
legge di natura, all’aumento della massa muscolare ed ossea, cosi l’incremento
del sangue monetario va adeguato all’incremento del PIL (prodotto interno
lordo), nel rispetto della stabilità dei prezzi di mercato. Con il pretesto di
difendere la moneta dall’inflazione, si aumentano il costo del denaro ed i
prelievi fiscali. Questo pretesto serve a coprire il vero scopo del prelievo
che consiste nel pagare alla banca centrale il debito non dovuto – che è
peraltro un credito rovesciato – nato col prestito del denaro all’atto dell’emissione.
All’arbitraria difesa dall’inflazione – in cui la rarefazione monetaria è
apoditticamente programmata per aumentare il potere d’acquisto attuale rispetto
a quello precedente ossia commisurando la moneta a se stessa – va sostituita la
legge dell’incremento della liquidità monetaria secondo giustizia. Il limite
dell’emissione deve coincidere con la saturazione del mercato. Ciò significa
che l’emissione monetaria e la produzione dei beni devono cessare
contestualmente solo quando i prezzi coincidono con i costi di produzione.
Questa politica mira a ridurre il più possibile la rarità , sia dei beni che
della moneta, perché anche la moneta è un bene ed è incompatibile con la
politica dell’usura che pretende di subordinare alla rarità della moneta la rarità
dei beni.
La politica
dell’abbondanza può essere realizzata solo se si sostituisce alle banche
centrali ( S.p.A. con scopo di lucro ) la funzione monetaria come quarto potere
costituzionale dello stato… Solo così lo stato di diritto potrà essere anche
" Stato di giustizia ” che consenta di vivere tempi nuovi a dimensione
umana in cui tutti possono prestare moneta, tranne chi la emette.
Giacinto
Auriti
Giacinto
Auriti Segretario Generale del Sindacato Antiusura – SAUS Direttore
della Scuola dei Valori Giuridici e Monetari Centro Celestiniano - L'Aquila -
Documento elaborato dal Prof Giacinto Auriti e diffuso prima dell' avvento
dell' euro.
venerdì 8 maggio 2020
Europa sì, ma dei popoli
" L'Europa
dei banchieri contro la Costituzione ":
esattamente con
questo titolo (cfr. Il Tempo, 22 giugno 2004, p.7) o, con titoli analoghi, la
grande stampa ha dato la notizia sconvolgente, che è iniziata la fase
conclusiva della Rivoluzione Francese.
Noi l'avevamo
già preannunciata su Abruzzopress (3 giugno '04, n.180) con queste testuali
parole:
"Lo Stato
di diritto ha considerato nel proprio ordine costituzionale, solo i tre poteri:
legislativo, giurisdizionale ed esecutivo. Il quarto potere della sovranità
monetaria se lo sono fagocitato, nel silenzio, le banche centrali, S.p.A con
scopo di lucro… ecco perché dobbiamo completare la Rivoluzione Francese: la
sovranità monetaria va attribuita allo Stato - come quarto Potere
Costituzionale - e tolta alla banca centrale. Non è più tollerabile che, in uno
Stato di diritto, la funzione costituzionale della sovranità monetaria sia
esercitata da una S.p.A. con scopo di lucro... L'urlo del Ca ira deve tornare
sulle piazze, davanti alle sedi delle banche centrali e nei Tribunali. Ci
dobbiamo riprendere la proprietà dei soldi nostri."
Quando la governance
economica programma "maggiori poteri alla Commissione nella sorveglianza
dei conti pubblici…" pone necessariamente un conflitto di interessi tra la
volontà del Padrone (la banca centrale) e quella dei camerieri (i governi).
Ha denunciato
esplicitamente l'eventualità di questo conflitto Mario Borghezio:
" Questa è
una costituzione per l'Europa dei banchieri. Noi combattiamo invece per
l'Europa dei Popoli…"
La diagnosi è
esatta. Manca la terapia. Si impone la necessità di uscire dalle formule approssimative
e generiche per proporre:
1)
l'attribuzione allo Stato della sovranità monetaria come quarto potere
costituzionale;
2) la proprietà
della moneta al Popolo come REDDITO di CITTADINANZA;
3) l'emissione
di moneta senza riserva, di PROPRIETA' del PORTATORE, come oggetto di diritto
sociale (a norma del 2° co. dell'art. 42 della Costituzione Italiana);
4) poiché il
mercato è saturo sia di beni che di moneta quando i prezzi coincidono con i
costi di produzione, solo quando questa coincidenza si verifica, va sospesa sia
la produzione dei beni, che l'emissione di moneta in attuazione del quarto
potere costituzionale della sovranità monetaria;
5) va costituito
il Ministero per il risarcimento dei danni da usura (come i danni di guerra);
6) va sancita,
con provvedimento di urgenza la moratoria dei debiti bancari e fiscali, perché
basati sull'illecito del debito da signoraggio che ha trasformato il portatore
da proprietario in debitore della propria moneta;
7) dichiarata la
moneta di proprietà dei cittadini, lo Stato deve trattenere all'origine,
all'atto dell'emissione, quanto necessario per esigenze di pubblica utilità,
eliminando il 100% dei prelievi fiscali.
Questi
fondamentali principi normativi si desumono dalla definizione del valore come
rapporto tra fasi di tempo e conseguentemente del valore monetario come VALORE
INDOTTO.
Solo su questi
principi, la governance economica proposta nel patto costituzionale europeo,
potrà realizzare l'Europa dei Popoli. Altrimenti si continuerà nella tradizione
dei camerieri dei banchieri in cui la sovranità monetaria è retta dalla banca
centrale, S.p.A. con scopo di lucro. L'urlo del Ca ira deve tornare per
scrivere la pagina conclusiva della Rivoluzione Francese. Ci dobbiamo
riprendere la proprietà dei soldi nostri.
Avv.prof.
Giacinto Auriti
domenica 17 marzo 2019
Il Debito Pubblico nasce con lo Stato Costituzionale
Con lo Stato
costituzionale l'ammontare dei debiti ha superato quello della moneta
Gli interpreti della storia moderna credono che lo stato di diritto sia un
segno di progresso. Nessuno, dico "nessuno" si è accorto che con
l'avvento della carta costituzionale, lo stato ha perso il quarto potere della
sovranità monetaria che è stata assunta da una società privata: la banca
centrale S.p.A con scopo di lucro. La più grande truffa della storia si è
realizzata infatti con la politica dei piccoli passi. La Banca d'Inghilterra
nel 1694 ha emesso la sterlina-carta convertibile in oro, a richiesta del
portatore. In questa prima fase, la banca poteva affermare di essere
proprietaria della moneta in quanto proprietaria della riserva e quindi era
legittimata ad emettere la moneta prestandola.
Tutte le banche
centrali hanno seguito l'esempio della Banca d'Inghilterra ed hanno continuato
ad emettere moneta prestandola anche dopo l'abolizione della convertibilità e
della stessa riserva (15 agosto 1971 data della estinzione degli Accordi di
Bretton Woods) facendo nascere con l'oro-carta il signoraggio bancario, con cui
la banca espropria ed indebita i popoli dei valori monetari con un costo
iniziale del denaro del 200% oltre gli interessi. La moneta è stata così
trasformata da titolo di credito in titolo di valore convenzionale (analogo al
francobollo di antiquariato), con rarità programmata e non più condizionata
dalla rarità dell'oro. Con l'oro-carta e la programmazione della rarità,
l'ammontare del debito nasce per un ammontare pari al doppio della moneta
emessa ossia nel rapporto di 200 a 100. I popoli che creano senza costo il
valore della moneta per il solo fatto che l'accettano come misura del valore e
valore della misura, invece di vedere duplicata, con la propria moneta, la
propria ricchezza, sono precipitati nell'angoscia dell'insolvenza ineluttabile.
Con l'avvento
delle banche centrali, la sovranità politica è stata privata surrettiziamente
della sovranità monetaria trasformata, dalle banche centrali, nella
pianificazione dei debiti non dovuti. L'usurocrazia è nata così, come
privilegio di creare a proprio favore la rendita parassitaria di signoraggio
con la raffinata tecnica della truffa che ha trasformato i popoli da
proprietari in debitori del proprio denaro.
Con l'avvento
trionfalistico dello stato di diritto e della banca centrale si sono vissuti solo
tempi in cui comandano i banchieri. La definizione data da Ezra Pound per cui i
governi sono " camerieri dei banchieri " ci fa capire perché, con lo
stato di diritto, è giunta l'epidemia del suicidio per debiti non dovuti in cui
" i vivi invidiano i morti " in conformità della profezia della
Madonna a Fatima.
Ecco perché si
impone la necessità storica di attivare il quarto potere costituzionale dello
tato, per cui la sovranità monetaria spetta allo stato, ed al popolo la
proprietà della moneta come reddito di cittadinanza. Se non si sostituirà alla
moneta nominale, debito del portatore e proprietà della banca, la moneta reale,
proprietà del portatore e debito della banca, le nuove generazioni, con
l'arbitraria pianificazione dei debiti non dovuti e della rarità monetaria, non
avranno altra scelta che quella tra il suicidio e la disperazione.
Avv.prof. Giacinto Auriti
lunedì 3 aprile 2017
Sull'errore di Giacinto Auriti
Articolo assai interessante per imbastire criticamente una discussione sulla teoria monetaria auritiana.
È mia convinzione che tale denuncia sia sostenuta da una logica di realtà, cioè da un pensare poggiante su fatti reali, e che invece altri pensieri riguardanti la concezione della moneta come fattispecie giuridica, poggino invece su logica formale ma non sostanziale, e quindi inefficace al punto che gli fece perdere la causa (cfr. la "Comparsa di costituzione e risposta" del tribunale civile di Roma contro Giacinto Auriti del 20 settembre 1994).
Credo che Auriti ebbe coraggio nel mettersi contro il sistema bancocentrico ma che non ebbe il coraggio ulteriore di vedere che tale sistema fu voluto fortemente dallo Stato, il quale consolidò tale sistema mediante decreti legge che dal 28 Aprile 1910 al 12 marzo 1936 concessero di fatto alla BCI il monopolio di emissione dei soldi, grave errore.
Credo altresì che i problemi odierni del nostro Paese possano essere risolti solo con la rimozione di questo errore, e che tale risoluzione esiga ulteriore coraggio conoscitivo dei fatti reali, coraggio che non vedo ancora affacciarsi da alcuna parte sia nella coscienza della classe politica, sia in quella degli ignari cittadini che la eleggono.
Nereo Villa Castell'Arquato, sabato di Pasqua 2014
Spiego il perché.
Auriti dice che la moneta non è “solamente la misura del valore, ma anche il valore della misura” (G. Auriti, “Il paese dell’utopia”, Ed. Tabula fati, Chieti, 2002, pag. 19) in quanto secondo lui l’unità di misura (“ogni unità di misura”) “ha necessariamente la qualità corrispondente a ciò che deve misurare” (ibid.).
Da questo presupposto egli evince poi il seguente sillogismo: “poiché ogni unità di misura è una convenzione ed ogni convenzione è una fattispecie giuridica, la moneta è una fattispecie giuridica”.
Il sillogismo è però sbagliato come il suo presupposto: ad una osservazione meno superficiale delle unità di misura, risulta che non vi è alcuna intrinseca necessità qualitativa fra l’oggetto misurabile e lo strumento di misura.
Infatti sostenendo che le unità di misura abbiano “necessariamente” le qualità corrispondenti a ciò che devono misurare, il presupposto di Auriti afferma che tali “qualità corrispondenti” NON siano intrinseche alle unità di misura, dato che se fossero intrinseche a tali unità di misura, non avrebbero bisogno di essere “corrispondenti” a queste.
L’orologio per esempio, pur misurando il tempo, non ha intrinsecamente in sé la qualità del tempo: le sue lancette indicano semplicemente uno spazio percorso, a cui NOI attribuiamo del tempo trascorso. Il tempo trascorso è dunque “qualità corrispondente” allo spazio percorso dalle lancette, solo perché gliela attribuiamo NOI.
Che noi attribuiamo del tempo allo spazio non significa però che lo spazio ed il tempo abbiano intrinsecamente le stesse qualità. Se le avessero non avremmo bisogno delle “qualità corrispondenti” che attribuiamo loro. Quindi l’unità di misura non ha necessariamente in sé la qualità corrispondente a ciò che deve misurare. O meglio ce l’ha solo perché siamo noi ad attribuirvela.
Per fare un altro esempio, ogni volta che con la nostra auto andiamo al distributore, l’erogatore “sfarfalla” carburante secondo un dispositivo calcolato precedentemente in base al rapporto fra il tempo di “erogazione sfarfallante” e l’unità di misura “litro”. Però l’erogatore e l’unità di misura litro, non hanno intrinsecamente né necessariamente la qualità della liquidità che misurano.
Rispetto al misurante, l’elemento “qualitativo” del misurato, che Auriti chiama in un esempio “lunghezza” (“qualità della lunghezza”), è già convenzione. Infatti la lunghezza non può esistere come “qualità” se non in ordine ad una convenzione. Senza una convenzione non può darsi alcuna lunghezza.
L’errore di Auriti consiste nel credere che la lunghezza sia spazio, o meglio, nel non accorgersi che la misura di una lunghezza non è spazio ma una necessaria relazione di pensiero: una misurazione, e quindi una lunghezza, non è lo spazio, ma una convenzione, astratta da una realtà che, in quanto tale, non è materia fisica, bensì una forma di pensiero.
Con simili affermazioni, se non si caratterizza in modo non convenzionale la “qualità della lunghezza” - e ciò mi sembra impossibile - si parla solo in modo antilogico o secondo tautologia astrattizzata e fuorviante.
Quindi anche l’equazione di Auriti fra “metro” e “moneta” è antilogica. Egli scrive: “come il metro ha la qualità della lunghezza perché misura la lunghezza, la moneta ha la qualità del valore perché misura il valore” (ibid.).
L’assurdità di questa equazione appare in tutta la sua evidenza nella misura in cui si specificano essenzialmente i termini: «Come la convenzione “metro” ha la qualità della convenzione “lunghezza” perché misura la convenzione “lunghezza”, la convenzione “moneta” ha la qualità della convenzione “valore” perché misura la convenzione “valore”» (ibid.).
A ciò Auriti aggiunge un’altra deduzione dicendo: “Sicché la moneta non è solamente misura del valore, ma anche il valore della misura che è il potere d’acquisto”. Mi pare che anche questa deduzione sia antilogica. In ogni caso la logica di questo “sicché” resta, fino a prova contraria, oscura.
Il pensiero successivo è il sillogismo altrettanto oscuro che Auriti afferma: “Poiché ogni unità di misura è una convenzione ed ogni convenzione è una fattispecie giuridica, la moneta è una fattispecie giuridica”.
A chi accetta come valido questo ragionamento, bisognerebbe chiedere allora se c’è nel mondo qualcosa che non sia fattispecie giuridica. “Fattispecie” significa letteralmente “appartenenza di fatto” (Vocabolario etimologico Pianigiani) ad una determinata specie di cose (ogni cosa che ha una forma appartiene di fatto ad un giudizio di pensiero circa la sua specie). Ora, se si crede che le cose che pensiamo siano, per il solo fatto che le pensiamo e le giudichiamo, siano tutte fattispecie giuridiche, si può dire in astratto che la moneta è fattispecie giuridica. Ma tale dire non rispecchia la realtà dei fatti, e cioè che l’ambito giuridico è un ambito diverso da quello mercatorio in cui la moneta è circolante. E se l’ambito giuridico è diverso da quello mercatorio, allora occorre correggere il tiro dicendo concretamente che la fattispecie della moneta non è quella giuridica ma mercatoria, o in generale, economica.
Distinguere è importante. E distinguere questi due ambiti lo possiamo fare solo attraverso un terzo ambito, quello del pensare autonomo, cioè di un atto interiore di libertà culturale.
In tal senso, ogni rapporto fra larghezza, lunghezza, e profondità delle cose, è SEMPRE un atto interiore che in generale confondiamo con la loro percezione, la cui forma, in realtà, è solo quella che si può pensare.
Il pensare umano però non è solo fattispecie giuridica come dimostra di credere Auriti con le seguenti parole conclusive del suo ragionamento: “dunque la materia prima per fabbricare moneta è la medesima che serve a produrre fattispecie giuridiche: forma e realtà spirituale ossia simbolo e convenzione monetaria” (ibid.), il che mi ricorda tanto la celebre frase “Tu sei solo chiacchiere e distintivo!” pronunciate da Al Capone” (nel film “Gli intoccabili” di Brian De Palma).
Infatti la riduzione del pensare umano a fattispecie giuridica non è altro che subconscia riaffermazione di un anacronistico monopolio emissorio di tipo imperialistico e/o mafioso.
Occorre dunque accorgersi che Auriti sbaglia nell’attribuire alla moneta la fattispecie giuridica in quanto la fattispecie propria della moneta è quella economica (e/o mercatoria).
Da qui la necessità di rimuovere il monopolio dell’emissione monetaria concesso alle banche di emissione dallo Stato, che è la vera causa della crisi economica (monetaggio iniquo, o signoraggio, debito pubblico, ecc.).
Auriti ebbe il merito di denunciare la truffa dell’emissione di moneta creata dal nulla. Ora però è necessario continuare questa sua denuncia, aggiungendo quella dell’anacronistico monopolio emissorio, non degno di uno Stato democratico moderno, che dovrebbe occuparsi solo di diritto e non più di economia. Infatti il monopolio di emissione dei soldi è fattispecie… imperialistica (“Il periodo di primo sviluppo dei monopoli fu quello ellenistico, nel quale fu esercitato sull’olio, sul sale, sul papiro, sui prodotti della pesca, sulle miniere e sulle banche. Roma impose il suo primo monopolio sulla coniazione delle monete nel I secolo d.c.”; cfr. Amministrazione Autonoma Monopoli di Stato)... Oggi però non c'è più l'imperatore... E non dovrebbe più esserci.