martedì 9 aprile 2024

La moneta non è fattispecie giuridica

POTENZA E PREPOTENZA DELLO STATO NELL'ECONOMIA
Lo Stato ci ha abituati al “diritto forzoso”, mediante il quale ha preteso e pretende di guidare l’economia. La logica economica è però essenzialmente diversa da quella giuridica, in quanto appartiene essenzialmente al pensare umano in cui vale il principio del massimo risultato ottenuto col minimo sforzo. Ne è un esempio la divisione del lavoro sulla quale poggia ogni produzione. La logica giuridica appartiene invece al sentire umano per cui ogni individuo si riconosce nell’uguaglianza fra uomo e uomo. Quando tale sentire diventa legge (giurisprudenza) passa per il pensare umano. Ma la logica giuridica non può essere forzosa, dato che né il sentire, né il pensare non possono essere forzati (io posso percepire e riconoscere che quello è un albero proprio perché nessun elemento forzoso mi costringe a percepire che esso non è un albero ma qualcos’altro) ed il vero diritto dovrebbe poggiare rigorosamente su tale autonomia. Mancando questa autonomia si genera inevitabilmente succubanza imposta: il rigore, che dovrebbe essere interno al pensare ed al sentire, finisce all’esterno come, appunto, imposizioni, imposte, e balzelli vari!
Ecco perché è giunto il momento di accorgersi che lo Stato deve (cioè può solo) occuparsi di diritto, non di economia.
La contraddizione che si ritrova nelle università come dogma, dato che lo Stato incomincia a rapinare i nativi dichiarando nelle università prive di universalità di pensiero che la moneta è fattispecie giuridica, e permettendo così alla cosiddetta “banca d’Italia” di autodefinirsi addirittura “istituto di diritto pubblico”, è evidente. Questa è la prima forma di rapina dello Stato (l’appropriazione – ma sarebbe meglio dire la manipolazione – di concetti), passata finora inosservata e che modestamente, fino a prova contraria, sono il primo in Italia ad avere rilevato:

Nereo Villa - La moneta non è fattispecie giuridica

Il padre genera il figlio, non viceversa. Se Tizio è padre di Caio, Caio ne è il figlio, quindi è impossibile che possa essere padre di Tizio. Invece il diritto odierno permette che il figlio possa essere padre del padre, dato che l'alienocrazia giuridica ha invaso le menti... Vorrei spiegarlo...


Se la consuetudine è fonte del diritto (così è spiegato da ogni testo scolastico sul diritto), il diritto non può essere fonte della consuetudine. Se lo è, lo è in modo forzoso.

Lo stesso dicasi per la convenzione. Come la consuetudine, anche la convenzione poggia sul consenso del gruppo di cui regola i comportamenti. Tuttavia, mentre la consuetudine richiede il consenso generalizzato di una collettività ma non necessariamente quello dei singoli individui che la compongono, la convenzione si forma con il consenso di ciascun individuo.

Inoltre, a differenza della consuetudine, la convenzione non è fonte del diritto, dato che produce per lo più effetti solo rispetto a coloro che la concludono (efficacia inter partes). In ogni caso, se anche eccezionalmente lo fosse, il diritto non potrebbe essere fonte di convenzione... perché in tal caso, anche qui non potrebbe che esserlo in modo forzoso.

Oggi invece, a fronte dei testi scolastici di diritto in cui si fanno risalire le fonti del diritto all'uso, cioè alla consuetudine (cfr. ad es., Amsicora Cherchi, "Istituzioni di diritto privato", Padova - Cedam, 1972, p. 17) si arriva ben presto - già nei testi medesimi! - alla confutazione di tali fonti in nome della certezza del diritto scritto: "L'uso o consuetudine (art. 1 disp. prel. c.c.), è andato perdendo sempre più importanza negli Stati moderni, per far posto alla certezza del diritto scritto [...]" (Amsicora Cherchi, op. cit., p. 21).

Ed in nome del diritto scritto, si arriva ad affermare, mediante meri sillogismi - che l'uso, la consuetudine, la convenzione, e perfino la moneta, tutto ciò è "fattispecie giuridica"! Queste affermazioni, che poi diventano definizioni che durano millenni, non sono meno ridicole quando diventano universitarie. Ma sono attendibili? Ricordate la definizione dell'uomo come bipede implume? La si attribuisce a Platone; ed è notorio che Diogene allora spennò un pollo e lo mostrò in pubblico dicendo che quello era l'uomo di Platone!

A questo punto occorre prendere atto che chi afferma la moneta come fattispecie giuridica senza chiarirne il perché, o limitandosi a dire che è così per legge, fa un'affermazione forzosa, cioè imposta come da forza.

Si veda per esempio il seguente sillogismo di G. Auriti, in "Il paese dell'utopia": "poiché ogni unità di misura è una convenzione ed ogni convenzione è una fattispecie giuridica, la moneta è una fattispecie giuridica". Ma quando mai?

In questo sillogismo si stabilisce che la moneta sia unità di misura, mettendone completamente in ombra il contenuto di consuetudine o uso che la moneta dovrebbe comportare!

Ed in cosa consiste tale contenuto? Tale contenuto consiste in "una norma giuridica risultante da un comportamento generale, uniforme e costante, seguito dalla convinzione della sua necessità giuridica" (Amsicora Cherchi, "Istituzioni di diritto privato", Padova - Cedam, 1972, p. 21).

Tale contenuto, ripeto, è mancante, scotomizzato, messo nel dimenticatoio, così come manca in ogni altro procedere universitario riguardante la moneta o l'economia in genere. 
Perché? Perché l'università è malata di rimozione di giudizio critico circa l'universalità del pensare.

Ciò comporta che quando lo Stato di diritto istituisce una nuova moneta (come ha fatto con l'euro), senza considerarne l'uso concreto, cioè senza considerarne la necessaria consuetudine concreta, opera forzosamente. Allora il soggetto di tale operazione forzosa non è più lo Stato di diritto, ma un diritto di Stato imposto dall'alto come ai tempi dall'Imperatore. Non abbiamo più allora lo Stato di diritto ma ancora una volta abbiamo l'Impero romano mascherato da Stato di diritto.

Accettarlo come Stato di diritto è sintomo non di forza di pensiero, bensì di pensiero debole, anzi morto... Infatti solo là dove c'è vita pensante, riflessione pensante, è possibile dire il perché di qualcosa.

In effetti ogni fattispecie è già di per sé indebolimento del pensare ogni qualvolta manchi il passaggio di pensiero che colleghi quella determinata cosa, o quel determinato fatto, a quella determinata specie.

Nella logica di realtà, la moneta come fattispecie giuridica trasforma il senso del diritto nella convenzione, quando invece è vero il contrario, vale a dire: la convenzione può generare una legge e mai una legge (o un diritto o un dovere) dovrebbero poter generare una convenzione!

Quindi la moneta non è fattispecie giuridica. Allora cos'è? Se vogliamo usare il termine "fattispecie", che è il termine col quale il diritto romano si appropria innanzitutto dei contenuti concettuali in modo forzoso, cioè senza darne alcuna spiegazione che non sia un sillogismo, un'astrazione o una definizione astratta tanto legale quanto non legittima, a me pare che la moneta sia innanzitutto una "fattispecie" economica, e secondariamente tanto giuridica, quanto culturale. 
Chi studia la triarticolazione sociale di Rudolf Steiner riconosce che in essa vi si prevede, appunto, una moneta cristianizzata, cioè umanizzata, in quanto fisiologicamente triarticolata in analogia con l'organismo umano capovolto, nel quale la sfera della testa, quella del petto e quella delle membra (sistema nervoso, sistema cardiocircolatorio e sistema metabolico) siano nell'organismo sociale rispettivamente la sfera economica, la sfera giuridica e la sfera culturale.Solo in tal modo il "sabato per l'uomo" potrà finalmente attuarsi col beneficio di tutti.
Ciò è ben chiaro per lo spirito del linguaggio: il termine "moneta" proviene dal verbo latino  "moneo" e dai suoi tre significati di "rammentare", "rimembrare", e "ricordare", rispettivamente connessi alla "mente" (rammentare), alle "membra" (rimembrare), ed al "cuore" (ricordare) dell'uomo...  
Coloro che tacciono queste cose, lo fanno semplicemente perché le rimuovono essi stessi dalla loro coscienza, perché le credono di disturbo allo "status quo". In tal modo si genera il dimenticare collettivo e un'umanità senza meraviglia, perché indebolita nella sua essenza che è il pensare. In tal modo è facile dimenticare che tanto la moneta dell'economia, quanto il manas, che è l'io spirituale del talento umano, esigono pensiero universale per risorgere dal loro tumulo sepolcrale. Ne consegue che la moneta stessa oggi diventa debole.

Nel paradosso della sua etimologia, essa è l'esatto contrario di ciò che dovrebbe essere. La parola latina "moneta" traduce anche il greco "mnemosine", e Mnemosine era la personificazione della memoria!

"Moneta" era infatti il soprannome dell'"Avvertitrice", la dea Giunone, così chiamata perché nel 390 a.C., durante l'invasione dei Galli, le oche sacre del suo santuario "Giunone Moneta", situato nella sommità nord del Campidoglio, dettero l'allarme coi loro starnazzamenti, mentre il nemico cercava di assalire la collina con un attacco notturno. In tale tempio si batteva moneta chiedendo consiglio alla dea, e in segno di ringraziamento per le sue risposte si stabiliva che il conio della moneta venisse effettuato sotto i suoi auspici.
Oggi, con la cosiddetta "caduta degli Dei" e con l'avvento a divinis dei politici della Goldman Sachs, della Trilaterale e del Club Bilderberg, ecc., detti "tecnici", gli animali sacri non possono più avvertire circa i delinquenziali attacchi notturni dei nemici, ed il cittadino è pertanto indotto a colpevolizzare una parte di sé (destra o sinistra o centro) dei sempre nuovi disastri della sua economia che deputa, ignaro, ad altri, recandosi alle urne come un sonnambulo...
Però, anche se gli animali sacri tacciono, saranno le pietre a parlare (Luca 19, 40).

sabato 31 luglio 2021

L'Euro di chi è? Messaggio ai popoli europei: eliminare il debito o i popoli?


I Popoli del Terzo Mondo prima di essere dilaniati dalla fame sono dilaniati dal debito.

50.000.000 di uomini muoiono di fame ogni anno, non per mancanza di derrate alimentari, ma del denaro per comprarle (come è provato dalla distruzione abituale delle eccedenze di prodotti agricoli).

Poiché il denaro in circolazione è emesso, a costo nullo, dalle banche centrali, solo prestandolo, balza evidente che i vuoti monetari sono arbitrariamente pianificati dalla parsimonia feroce dei grandi usurai che dominano il sistema monetario. Solo su queste premesse ci si spiega perché l'Europa con l'avvento dell'EURO rischia di far parte del Terzo Mondo. Se la Banca Centrale Europea emetterà moneta prestandola - come hanno fatto e fanno sin dalla fondazione della Banca d'Inghilterra tutte le banche centrali - i Popoli Europei saranno tutti destinati ad essere colonie monetarie dell'impero usurocratico, tanto più perché - a norma dell'art. 107 e s. del Trattato di Maascricht­ - si sono convenzionalmente impegnati a non manifestare obiezioni, proposte o desideri.

Nel silenzio del Trattato sulla proprietà dell'EURO, la BCE ha il potere di scelta tra servire o servirsi dei Popoli Europei. Se li vuole servire deve stampare e accreditare, se se ne vuole servire, deve stampare e prestare. Poiché questa seconda ipotesi è la regola costante per tutte le banche centrali del mondo, è ovvio che non potrà cambiare senza una esplicita previsione normativa.

Se i Popoli Europei vogliono evitare la drammatica tempesta della moneta-debito (preconizzata del resto da Alan Greespan Presidente della Federal Reserve Bank che è in grado di prevederla perché è in grado di causarla) devono consensualmente programmare l'integrazione del Trattato, per colmarne una lacuna normativa INAMMISSIBILE ed INTOLLERABILE, perché nessuna norma dice di chi è la PROPRIETA' dell' EURO.

L'EURO VA ESPLICITAMENTE DICHIARATO DI PROPRIETA' DEI POPOLI EUROPEI con una norma integrativa pienamente legittima perché non contraddice con nessuna norma del Trattato vigente. Ciò in applicazione dell'ovvio principio per cui PIUTTOSTO CHE ELEMOSINARE LA REMISSIONE DI DEBITI NON DOVUTI E' MOLTO PIU' CONVENIENTE PREVENIRNE L'INSTAURAZIONE: NON ACCETTARLI.

Poiché questa proposta è perfettamente coincidente con il Messaggio del Papa sulla estinzione dei debiti del Terzo Mondo, è un'ottima occasione per avere la prova che il Governatore della Banca d'Italia è un vero cattolico quale dice di essere.

Perché mai ci dovremmo indebitare infatti verso la BCE per un valore pari a tutto il denaro che vorrà mettere in circolazione? Quale è il corrispettivo di questo debito immane ed arbitrariamente imposto dal falso creditore a falsi debitori? La risposta scandalosamente inconfutabile è : " UNICO CORRISPETTIVO E' IL NULLA ! ! ! " Si impone quindi - con la massima urgenza - che il Governatore Fazio proponga ai Governi ed ai Governatori degli Stati Europei la norma integrativa ed interpretativa del Trattato di Maastricht che concepisca l'EURO proprietà (e non debito) del portatore.

E' GRAN TEMPO ORMAI CHE SI ACQUISTI LA CONSAPEVOLEZZA CHE IL VALORE DELLA MONETA ALL'ATTO DELL'EMISSIONE E' CREATO DA CHI L'ACCETTA. ECCO PERCHE' TUTTI POSSONO PRESTARE DENARO TRANNE CHI LO EMETTE. Potrebbe altrimenti riproporsi anche per l'Europa l'alternativa tra la sopravvivenza dei Popoli e quella dei debiti. Nascerebbe così ineluttabilmente, come nella Vandea, il diritto alla rivoluzione.

di Giacinto Auriti Segretario Generale del Sindacato Antiusura – SAUS Direttore della Scuola dei Valori Giuridici e Monetari Centro Celestiniano - L'Aquila - Documento elaborato dal Prof Giacinto Auriti e diffuso prima dell' avvento dell' euro.

  

domenica 11 luglio 2021

L’Islanda dà la caccia ai banchieri

 A Londra Barclays ha falsificato i tassi di interesse sui prestiti interbancari, mentre, a Madrid Bankia avrebbe manipolato i suoi conti per entrare in borsa. Come obbligare le banche a fare chiarezza? In Islanda un’équipe di investigatori cerca i colpevoli per portarli davanti ad un tribunale.

 

di  Charlotte Chabas, Le Monde

 

Pubblicato il 12 Luglio 2012 alle 14:58


Prima della crisi economica 𝗢𝗹𝗮𝗳𝘂𝗿 𝗛𝗮𝘂𝗸𝘀𝘀𝗼𝗻 era commissario di polizia ad Akanes, piccolo porto di 6.500 abitanti all’estremità di una penisola ghiacciata a una cinquantina di chilometri da Reykjavik. Dal gennaio 2009 cerca di portare davanti alla giustizia chi ha contribuito al crollo economico del paese nel 2008.  Alla fine dell’estate del 2008 la bolla islandese è esplosa in seguito alla crisi americana dei subprimes. Due settimane dopo la caduta vertiginosa di 𝗟𝗲𝗵𝗺𝗮𝗻 𝗕𝗿𝗼𝘁𝗵𝗲𝗿𝘀, le tre principali banche del paese, il cui valore rappresentava il 923 per cento del pil, è crollato. La piccola isola è stata spazzata via dalla crisi, la corona islandese è colata a picco senza che nessun intervento potesse cambiare la situazione. Il 6 ottobre 2008, in diretta televisiva nazionale, il primo ministro dell’epoca ha pronunciato un discorso in cui chiedeva a dio di “salvare l’Islanda”.

Dopo quella data fatidica, l’Islanda ha conosciuto giorni difficili: nel 2009 gli islandesi, peraltro poco abituati alle dimostrazioni sociali, hanno gridato la loro rabbia contro i politici e i “neovichinghi” della finanza che li avevano ingannati. La “rivoluzione delle pentole” ha portato alle dimissioni del parlamento e del governo conservatore. Fra le rivendicazioni di allora vi era anche il processo di chi aveva approfittato della situazione economica e di chi aveva spinto l’Islanda nel baratro economico. Le elezioni politiche anticipate hanno portato la sinistra al potere. Il nuovo primo ministro, Johanna Sigurdardottir, ha voluto nominare rapidamente un procuratore speciale per indagare sulle cause della crisi. Ma pochi si sono fatti avanti per questo posto.

[…] Hauksson, isolato nel suo piccolo commissariato di provincia, ha il merito di non avere alcun rapporto con l’élite accusata di aver portato l’isola al fallimento. Nonostante la sua completa inesperienza in materia di giustizia economica, è stato l’unico a proporsi per l’incarico. […] Più di tre anni dopo la sua nomina, lo stesso Hauksson riconosce di “aver cominciato solo da poco a sentirsi bene nella sua nuova funzione”. Inizialmente a capo di una squadra di cinque persone, adesso dirige più di cento collaboratori.

A Londra, Barclays ha truccato i tassi di interesse sui prestiti interbancari, mentre a Madrid Bankia ha cucinato i libri per rendere pubblici. Come possono le banche essere ritenute responsabili? L'Islanda ha nominato un team di investigatori che cerca frodi e manda i colpevoli in tribunale.

Il loro compito è duplice: “Da un lato si tratta di indagare su tutti i sospetti di frode e di reati compiuti prima del 2009; dall’altro siamo noi stessi a istruire il processo contro i presunti colpevoli”. Un metodo “del tutto nuovo”, che permette agli inquirenti di “seguire i casi” e alla giustizia di “conoscere a menadito le varie procedure”. Una condizione indispensabile “per poter competere con avvocati della difesa molto preparati”.

Per facilitare la missione del procuratore, il governo ha proceduto a delle modifiche legislative sul segreto bancario. “Oggi abbiamo accesso a tutte le informazioni, senza alcuna possibile obiezione”, afferma Hauksson. Sospetti di frodi bancarie, reati di insider trading, truffe, furto d’identità professionale, distrazione di fondi, le inchieste condotte sono diverse e i tre - ben presto quattro - uffici dove si svolgono gli interrogatori sono sempre pieni. Oggi il procuratore afferma di lavorare su “un centinaio di casi”.

La maggior parte delle persone prese di mira sono ex responsabili del settore finanziario, membri dei consigli di amministrazione delle banche prima della crisi. Si tratta di islandesi che hanno spesso scelto di esiliarsi in paesi stranieri - in particolare in Lussemburgo - per continuare la loro carriera. Una dispersione che complica il compito della squadra del procuratore Hauksson. Ma l’équipe moltiplica le perquisizioni e continua le inchieste nelle filiali straniere delle banche islandesi, coinvolgendo anche dei cittadini stranieri. “A livello internazionale abbiamo piena cooperazione”, assicura Hauksson.

Attualmente alcune condanne sono state già pronunciate. Due ex dirigenti della banca Byr, i primi a essere giudicati, scontano una pena di quattro anni e mezzo di carcere. L’ex direttore del gabinetto del ministro delle finanze nel momento della crisi, Baldur Gudlaugsson, è stato condannato per insider trading a due anni. Più di recente è stata la volta di Sigurdur Einarsson, ex presidente della banca Kaupthing, condannato a rimborsare alla banca 500 milioni di corone islandesi - 3,2 milioni di euro - e al blocco di tutti i suoi beni.

Altri casi attendono di essere giudicati. Jon Thorsteinn Oddleifsson, l’ex tesoriere della banca Landsbanki, dovrebbe ben presto conoscere la sua sorte, così come Làrus Welding, l’ex direttore generale della banca Glitnir.

Imparare dal passato

Il lavoro di Hauksson suscita aspre critiche nella popolazione. “Sappiamo che tutti gli occhi sono puntati su di noi e che non possiamo fallire”, sottolinea il procuratore, ma “accelerare le cose significherebbe compiere degli errori e nel contesto attuale, con una tale sfiducia da parte degli islandesi nei confronti delle istituzioni, dobbiamo essere irreprensibili”.

Ma è difficile essere “irreprensibili” in una società in cui le procedure ai limiti della legalità sono state per molto tempo la prassi. A maggio due membri dell’équipe del procuratore hanno venduto delle informazioni riservate per 30 milioni di corone (191mila euro) a un misterioso destinatario. Questi due ex poliziotti indagavano sul caso Sjovar/Milestone, una compagnia di assicurazione nella quale la Banca centrale islandese aveva investito prima di cedere di nuovo le sue quote per una somma minore. Accusati di aver violato la confidenzialità della loro funzione, i due uomini sono stati sospesi e costretti a mettersi in pensione.

La “purga” del sistema finanziario islandese, come piace dire a Hauksson, non sarà immediata. Anche se conta di finire la sua missione entro il 2015, il procuratore spera soprattutto che l’Islanda, la cui economia si è progressivamente ripresa, potrà un giorno “guardare dietro di sé ed essere orgogliosa di aver saputo far tesoro dell’esperienza del passato”.

 

sabato 1 agosto 2020

Anemia monetaria, peggio della peste

Anemia monetaria, peggio della peste

 “… nonostante i protesti ed i furbi che non pagano, il titolo di credito resta il mezzo di pagamento più usato… sarà perché lo cheque si può postdatare (pratica illegale, ma diffuso escamotage per ritardare le scadenze)…”

Con queste parole Fabio di Chio (Il Tempo, Roma, 24–4-‘4, p.29) ha dimostrato di saper individuare i sintomi dell’insolvenza, ma non le cause.

Pretendere infatti di addossare, alla “furbizia” dei debitori, l’esplosione dell’insolvenza, significa non solo ignorare la vera causa dell’anemia monetaria, ma condannare come responsabile, la vittima del signoraggio delle banche centrali. Sono queste che, prestando il dovuto all’atto dell’emissione con interessi, anatocismo ed accessori, caricano il costo del denaro del 260% e rendono impossibile la puntualità dei pagamenti. Il suicidio da insolvenza è diventata una malattia sociale, che non ha precedenti nella storia, perché il debitore, pur essendo vittima, viene umiliato come se fosse il responsabile: il “furbo che non paga”. Quando la moneta era d’oro o convertibile in oro, la rarità era incontrollabile perché condizionata dalla legge fisica della disponibilità del metallo. Malgrado l’abolizione della convertibilità e della riserva, l’opinione pubblica crede ancora nella necessità di una limitazione rigida ed esasperata della rarità monetaria, su cui specula il signoraggio delle banche centrali, che ormai dominano, a costo nullo, quantitativi illimitati di moneta che emettono o ritirano arbitrariamente in tutto il mondo. La moneta è il sangue del mercato. Ormai ci siamo abituati a vivere in regime di anemia cronica sin dalla nascita della moneta nominale dominata dall’usura perché emessa in prestito, con parsimonia feroce, dai padroni delle banche centrali. Ecco perché si impone la assoluta, inderogabile necessità di una pacifica rivoluzione monetaria basata sulla proprietà popolare della moneta, cioè sulla MONETA PROPRIETA'del PORTATORE SIN dall’EMISSIONE e senza riserva. Dopo la scoperta del VALORE INDOTTO, anche la moneta può essere regolamentata secondo giustizia. Come l’aumento della quantità di sangue nel bambino, si adegua, per legge di natura, all’aumento della massa muscolare ed ossea, cosi l’incremento del sangue monetario va adeguato all’incremento del PIL (prodotto interno lordo), nel rispetto della stabilità dei prezzi di mercato. Con il pretesto di difendere la moneta dall’inflazione, si aumentano il costo del denaro ed i prelievi fiscali. Questo pretesto serve a coprire il vero scopo del prelievo che consiste nel pagare alla banca centrale il debito non dovuto – che è peraltro un credito rovesciato – nato col prestito del denaro all’atto dell’emissione. All’arbitraria difesa dall’inflazione – in cui la rarefazione monetaria è apoditticamente programmata per aumentare il potere d’acquisto attuale rispetto a quello precedente ossia commisurando la moneta a se stessa – va sostituita la legge dell’incremento della liquidità monetaria secondo giustizia. Il limite dell’emissione deve coincidere con la saturazione del mercato. Ciò significa che l’emissione monetaria e la produzione dei beni devono cessare contestualmente solo quando i prezzi coincidono con i costi di produzione. Questa politica mira a ridurre il più possibile la rarità , sia dei beni che della moneta, perché anche la moneta è un bene ed è incompatibile con la politica dell’usura che pretende di subordinare alla rarità della moneta la rarità dei beni.

La politica dell’abbondanza può essere realizzata solo se si sostituisce alle banche centrali ( S.p.A. con scopo di lucro ) la funzione monetaria come quarto potere costituzionale dello stato… Solo così lo stato di diritto potrà essere anche " Stato di giustizia ” che consenta di vivere tempi nuovi a dimensione umana in cui tutti possono prestare moneta, tranne chi la emette.

                                                                 Giacinto Auriti

 Giacinto Auriti Segretario Generale del Sindacato Antiusura – SAUS Direttore della Scuola dei Valori Giuridici e Monetari Centro Celestiniano - L'Aquila - Documento elaborato dal Prof Giacinto Auriti e diffuso prima dell' avvento dell' euro.

 


venerdì 8 maggio 2020

Europa sì, ma dei popoli

Per l'Europa dei Popoli, e non quella dei banchieri

" L'Europa dei banchieri contro la Costituzione ":

esattamente con questo titolo (cfr. Il Tempo, 22 giugno 2004, p.7) o, con titoli analoghi, la grande stampa ha dato la notizia sconvolgente, che è iniziata la fase conclusiva della Rivoluzione Francese.

Noi l'avevamo già preannunciata su Abruzzopress (3 giugno '04, n.180) con queste testuali parole:

"Lo Stato di diritto ha considerato nel proprio ordine costituzionale, solo i tre poteri: legislativo, giurisdizionale ed esecutivo. Il quarto potere della sovranità monetaria se lo sono fagocitato, nel silenzio, le banche centrali, S.p.A con scopo di lucro… ecco perché dobbiamo completare la Rivoluzione Francese: la sovranità monetaria va attribuita allo Stato - come quarto Potere Costituzionale - e tolta alla banca centrale. Non è più tollerabile che, in uno Stato di diritto, la funzione costituzionale della sovranità monetaria sia esercitata da una S.p.A. con scopo di lucro... L'urlo del Ca ira deve tornare sulle piazze, davanti alle sedi delle banche centrali e nei Tribunali. Ci dobbiamo riprendere la proprietà dei soldi nostri."

Quando la governance economica programma "maggiori poteri alla Commissione nella sorveglianza dei conti pubblici…" pone necessariamente un conflitto di interessi tra la volontà del Padrone (la banca centrale) e quella dei camerieri (i governi).

Ha denunciato esplicitamente l'eventualità di questo conflitto Mario Borghezio:

" Questa è una costituzione per l'Europa dei banchieri. Noi combattiamo invece per l'Europa dei Popoli…"

La diagnosi è esatta. Manca la terapia. Si impone la necessità di uscire dalle formule approssimative e generiche per proporre:

1) l'attribuzione allo Stato della sovranità monetaria come quarto potere costituzionale;

2) la proprietà della moneta al Popolo come REDDITO di CITTADINANZA;

3) l'emissione di moneta senza riserva, di PROPRIETA' del PORTATORE, come oggetto di diritto sociale (a norma del 2° co. dell'art. 42 della Costituzione Italiana);

4) poiché il mercato è saturo sia di beni che di moneta quando i prezzi coincidono con i costi di produzione, solo quando questa coincidenza si verifica, va sospesa sia la produzione dei beni, che l'emissione di moneta in attuazione del quarto potere costituzionale della sovranità monetaria;

5) va costituito il Ministero per il risarcimento dei danni da usura (come i danni di guerra);

6) va sancita, con provvedimento di urgenza la moratoria dei debiti bancari e fiscali, perché basati sull'illecito del debito da signoraggio che ha trasformato il portatore da proprietario in debitore della propria moneta;

7) dichiarata la moneta di proprietà dei cittadini, lo Stato deve trattenere all'origine, all'atto dell'emissione, quanto necessario per esigenze di pubblica utilità, eliminando il 100% dei prelievi fiscali.

Questi fondamentali principi normativi si desumono dalla definizione del valore come rapporto tra fasi di tempo e conseguentemente del valore monetario come VALORE INDOTTO.

Solo su questi principi, la governance economica proposta nel patto costituzionale europeo, potrà realizzare l'Europa dei Popoli. Altrimenti si continuerà nella tradizione dei camerieri dei banchieri in cui la sovranità monetaria è retta dalla banca centrale, S.p.A. con scopo di lucro. L'urlo del Ca ira deve tornare per scrivere la pagina conclusiva della Rivoluzione Francese. Ci dobbiamo riprendere la proprietà dei soldi nostri.

Avv.prof. Giacinto Auriti

 


domenica 17 marzo 2019

Il Debito Pubblico nasce con lo Stato Costituzionale


Con lo Stato costituzionale l'ammontare dei debiti ha superato quello della moneta

 
Gli interpreti della storia moderna credono che lo stato di diritto sia un segno di progresso. Nessuno, dico "nessuno" si è accorto che con l'avvento della carta costituzionale, lo stato ha perso il quarto potere della sovranità monetaria che è stata assunta da una società privata: la banca centrale S.p.A con scopo di lucro. La più grande truffa della storia si è realizzata infatti con la politica dei piccoli passi. La Banca d'Inghilterra nel 1694 ha emesso la sterlina-carta convertibile in oro, a richiesta del portatore. In questa prima fase, la banca poteva affermare di essere proprietaria della moneta in quanto proprietaria della riserva e quindi era legittimata ad emettere la moneta prestandola.

Tutte le banche centrali hanno seguito l'esempio della Banca d'Inghilterra ed hanno continuato ad emettere moneta prestandola anche dopo l'abolizione della convertibilità e della stessa riserva (15 agosto 1971 data della estinzione degli Accordi di Bretton Woods) facendo nascere con l'oro-carta il signoraggio bancario, con cui la banca espropria ed indebita i popoli dei valori monetari con un costo iniziale del denaro del 200% oltre gli interessi. La moneta è stata così trasformata da titolo di credito in titolo di valore convenzionale (analogo al francobollo di antiquariato), con rarità programmata e non più condizionata dalla rarità dell'oro. Con l'oro-carta e la programmazione della rarità, l'ammontare del debito nasce per un ammontare pari al doppio della moneta emessa ossia nel rapporto di 200 a 100. I popoli che creano senza costo il valore della moneta per il solo fatto che l'accettano come misura del valore e valore della misura, invece di vedere duplicata, con la propria moneta, la propria ricchezza, sono precipitati nell'angoscia dell'insolvenza ineluttabile.

Con l'avvento delle banche centrali, la sovranità politica è stata privata surrettiziamente della sovranità monetaria trasformata, dalle banche centrali, nella pianificazione dei debiti non dovuti. L'usurocrazia è nata così, come privilegio di creare a proprio favore la rendita parassitaria di signoraggio con la raffinata tecnica della truffa che ha trasformato i popoli da proprietari in debitori del proprio denaro.

Con l'avvento trionfalistico dello stato di diritto e della banca centrale si sono vissuti solo tempi in cui comandano i banchieri. La definizione data da Ezra Pound per cui i governi sono " camerieri dei banchieri " ci fa capire perché, con lo stato di diritto, è giunta l'epidemia del suicidio per debiti non dovuti in cui " i vivi invidiano i morti " in conformità della profezia della Madonna a Fatima.

Ecco perché si impone la necessità storica di attivare il quarto potere costituzionale dello tato, per cui la sovranità monetaria spetta allo stato, ed al popolo la proprietà della moneta come reddito di cittadinanza. Se non si sostituirà alla moneta nominale, debito del portatore e proprietà della banca, la moneta reale, proprietà del portatore e debito della banca, le nuove generazioni, con l'arbitraria pianificazione dei debiti non dovuti e della rarità monetaria, non avranno altra scelta che quella tra il suicidio e la disperazione.
                                  
                                Avv.prof. Giacinto Auriti

 


lunedì 3 aprile 2017

Sull'errore di Giacinto Auriti

Articolo assai interessante per imbastire criticamente una discussione sulla teoria monetaria auritiana.

Propongo la lettura di queste riflessioni su certi ragionamenti del professor Giacinto Auriti, che non ho mai condiviso, come invece ho sempre condiviso la sua onesta e coraggiosa denuncia per truffa dell'8 maggio 1993 presentata contro la banca d'Italia, dimostrando che questa all'atto dell'emissione, presta denaro che invece dovrebbe accreditare, truffando così la collettività, che da proprietaria diventa debitrice del proprio denaro.
È mia convinzione che tale denuncia sia sostenuta da una logica di realtà, cioè da un pensare poggiante su fatti reali, e che invece altri pensieri riguardanti la concezione della moneta come fattispecie giuridica, poggino invece su logica formale ma non sostanziale, e quindi inefficace al punto che gli fece perdere la causa (cfr. la "Comparsa di costituzione e risposta" del tribunale civile di Roma contro Giacinto Auriti del 20 settembre 1994).
Credo che Auriti ebbe coraggio nel mettersi contro il sistema bancocentrico ma che non ebbe il coraggio ulteriore di vedere che tale sistema fu voluto fortemente dallo Stato, il quale consolidò tale sistema mediante decreti legge che dal 28 Aprile 1910 al 12 marzo 1936 concessero di fatto alla BCI il monopolio di emissione dei soldi, grave errore.
Credo altresì che i problemi odierni del nostro Paese possano essere risolti solo con la rimozione di questo errore, e che tale risoluzione esiga ulteriore coraggio conoscitivo dei fatti reali, coraggio che non vedo ancora affacciarsi da alcuna parte sia nella coscienza della classe politica, sia in quella degli ignari cittadini che la eleggono.
Oggi bisognerebbe contrapporre per esempio al sito "bastaeuro" il sito "bastamonopolio", perché il vero problema monetario che distrugge il futuro di tutti è l'anacronismo di un monopolio che principia dal primo secolo dopo Cristo e che di volta in volta è legalizzato dallo Stato ma, fino a prova contraria, mai fu legittimato da alcun nativo della nazione italiana.

Nereo Villa Castell'Arquato, sabato di Pasqua 2014



Giacinto Auriti attribuisce alla moneta la fattispecie giuridica, e questo è un errore.

Spiego il perché.

Auriti dice che la moneta non è 
“solamente la misura del valore, ma anche il valore della misura” (G. Auriti, “Il paese dell’utopia”, Ed. Tabula fati, Chieti, 2002, pag. 19) in quanto secondo lui l’unità di misura (“ogni unità di misura”) “ha necessariamente la qualità corrispondente a ciò che deve misurare” (ibid.).

Da questo presupposto egli evince poi il seguente sillogismo: 
“poiché ogni unità di misura è una convenzione ed ogni convenzione è una fattispecie giuridica, la moneta è una fattispecie giuridica”.

Il sillogismo è però sbagliato come il suo presupposto: ad una osservazione meno superficiale delle unità di misura, risulta che non vi è alcuna intrinseca necessità qualitativa fra l’oggetto misurabile e lo strumento di misura.

Infatti sostenendo che le unità di misura abbiano 
“necessariamente” le qualità corrispondenti a ciò che devono misurare, il presupposto di Auriti afferma che tali “qualità corrispondenti” NON siano intrinseche alle unità di misura, dato che se fossero intrinseche a tali unità di misura, non avrebbero bisogno di essere “corrispondenti” a queste.

L’orologio per esempio, pur misurando il tempo, non ha intrinsecamente in sé la qualità del tempo: le sue lancette indicano semplicemente uno spazio percorso, a cui NOI attribuiamo del tempo trascorso. Il tempo trascorso è dunque 
“qualità corrispondente” allo spazio percorso dalle lancette, solo perché gliela attribuiamo NOI.

Che noi attribuiamo del tempo allo spazio non significa però che lo spazio ed il tempo abbiano intrinsecamente le stesse qualità. Se le avessero non avremmo bisogno delle 
“qualità corrispondenti” che attribuiamo loro. Quindi l’unità di misura non ha necessariamente in sé la qualità corrispondente a ciò che deve misurare. O meglio ce l’ha solo perché siamo noi ad attribuirvela.

Per fare un altro esempio, ogni volta che con la nostra auto andiamo al distributore, l’erogatore “sfarfalla” carburante secondo un dispositivo calcolato precedentemente in base al rapporto fra il tempo di “erogazione sfarfallante” e l’unità di misura “litro”. Però l’erogatore e l’unità di misura litro, non hanno intrinsecamente né necessariamente la qualità della liquidità che misurano.

Rispetto al misurante, l’elemento “qualitativo” del misurato, che Auriti chiama in un esempio 
“lunghezza” (“qualità della lunghezza”), è già convenzione. Infatti la lunghezza non può esistere come “qualità” se non in ordine ad una convenzione. Senza una convenzione non può darsi alcuna lunghezza.

L’errore di Auriti consiste nel credere che la lunghezza sia spazio, o meglio, nel non accorgersi che la misura di una lunghezza non è spazio ma una necessaria relazione di pensiero: una misurazione, e quindi una lunghezza, non è lo spazio, ma una convenzione, astratta da una realtà che, in quanto tale, non è materia fisica, bensì una forma di pensiero.

Auriti afferma che “il metro ha la qualità della lunghezza perché misura la lunghezza” (ibid.). Così facendo parla della qualità della convenzione, perché “metro” e “lunghezza” non sono altro che qualità convenzionali.

Con simili affermazioni, se non si caratterizza in modo non convenzionale la “qualità della lunghezza” - e ciò mi sembra impossibile - si parla solo in modo antilogico o secondo tautologia astrattizzata e fuorviante.

Quindi anche l’equazione di Auriti fra “metro” e “moneta” è antilogica. Egli scrive: 
“come il metro ha la qualità della lunghezza perché misura la lunghezza, la moneta ha la qualità del valore perché misura il valore” (ibid.).

L’assurdità di questa equazione appare in tutta la sua evidenza nella misura in cui si specificano essenzialmente i termini: 
«Come la convenzione “metro” ha la qualità della convenzione “lunghezza” perché misura la convenzione “lunghezza”, la convenzione “moneta” ha la qualità della convenzione “valore” perché misura la convenzione “valore”» (ibid.).

A ciò Auriti aggiunge un’altra deduzione dicendo: 
“Sicché la moneta non è solamente misura del valore, ma anche il valore della misura che è il potere d’acquisto”. Mi pare che anche questa deduzione sia antilogica. In ogni caso la logica di questo “sicché” resta, fino a prova contraria, oscura.

Il pensiero successivo è il sillogismo altrettanto oscuro che Auriti afferma: 
“Poiché ogni unità di misura è una convenzione ed ogni convenzione è una fattispecie giuridica, la moneta è una fattispecie giuridica”.

A chi accetta come valido questo ragionamento, bisognerebbe chiedere allora se c’è nel mondo qualcosa che non sia fattispecie giuridica. “Fattispecie” significa letteralmente “appartenenza di fatto” (Vocabolario etimologico Pianigiani) ad una determinata specie di cose (ogni cosa che ha una forma appartiene di fatto ad un giudizio di pensiero circa la sua specie). Ora, se si crede che le cose che pensiamo siano, per il solo fatto che le pensiamo e le giudichiamo, siano tutte fattispecie giuridiche, si può dire in astratto che la moneta è fattispecie giuridica. Ma tale dire non rispecchia la realtà dei fatti, e cioè che l’ambito giuridico è un ambito diverso da quello mercatorio in cui la moneta è circolante. E se l’ambito giuridico è diverso da quello mercatorio, allora occorre correggere il tiro dicendo concretamente che la fattispecie della moneta non è quella giuridica ma mercatoria, o in generale, economica.

Distinguere è importante. E distinguere questi due ambiti lo possiamo fare solo attraverso un terzo ambito, quello del pensare autonomo, cioè di un atto interiore di libertà culturale.

Le fattispecie sono dunque perlomeno tre: giuridica, mercatoria, e culturale, e tutte e tre riguardano l’attività interiore dell’uomo.

In tal senso, ogni rapporto fra larghezza, lunghezza, e profondità delle cose, è SEMPRE un atto interiore che in generale confondiamo con la loro percezione, la cui forma, in realtà, è solo quella che si può pensare.

Il pensare umano però non è solo fattispecie giuridica come dimostra di credere Auriti con le seguenti parole conclusive del suo ragionamento: 
“dunque la materia prima per fabbricare moneta è la medesima che serve a produrre fattispecie giuridiche: forma e realtà spirituale ossia simbolo e convenzione monetaria” (ibid.), il che mi ricorda tanto la celebre frase “Tu sei solo chiacchiere e distintivo!” pronunciate da Al Capone” (nel film “Gli intoccabili” di Brian De Palma).

Infatti la riduzione del pensare umano a fattispecie giuridica non è altro che subconscia riaffermazione di un anacronistico monopolio emissorio di tipo imperialistico e/o mafioso.

Occorre dunque accorgersi che Auriti sbaglia nell’attribuire alla moneta la fattispecie giuridica in quanto la fattispecie propria della moneta è quella economica (e/o mercatoria).

Da qui la necessità di rimuovere il monopolio dell’emissione monetaria concesso alle banche di emissione dallo Stato, che è la vera causa della crisi economica (monetaggio iniquo, o signoraggio, debito pubblico, ecc.).

Auriti ebbe il merito di denunciare la truffa dell’emissione di moneta creata dal nulla. Ora però è necessario continuare questa sua denuncia, aggiungendo quella dell’anacronistico monopolio emissorio, non degno di uno Stato democratico moderno, che dovrebbe occuparsi solo di diritto e non più di economia. Infatti il monopolio di emissione dei soldi è fattispecie… imperialistica (“Il periodo di primo sviluppo dei monopoli fu quello ellenistico, nel quale fu esercitato sull’olio, sul sale, sul papiro, sui prodotti della pesca, sulle miniere e sulle banche. Roma impose il suo primo monopolio sulla coniazione delle monete nel I secolo d.c.”; cfr. 
Amministrazione Autonoma Monopoli di Stato)... Oggi però non c'è più l'imperatore... E non dovrebbe più esserci.

tratto dal blog: http://creativefreedom.over-blog.it/2014/04/sull-errore-di-giacinto-auriti.html